Nel 2025 prende il via l’iter di applicazione del Regolamento europeo sull’intelligenza artificiale. Sono norme che tutelano le persone dall’uso strumentale della nuova tecnologia e garantiscono i principi della partecipazione democratica nelle campagne elettorali
Primi passi sulla strada di una regolamentazione sovranazionale dell’intelligenza artificiale. Il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres ha presentato a Roma un centro dell’Università per la pace (Upeace) dedicato all’alta formazione e allo studio dell’impatto dell’intelligenza artificiale sulla società. E nel 2025 inizieranno ad essere applicate le norme del Regolamento europeo sull’intelligenza artificiale (Ai act) che il 12 luglio 2024 è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Il regolamento (Ue) 2024/1689 stabilisce i principi per l’impiego dei sistemi di intelligenza artificiale, al fine di garantire il rispetto dei diritti umani fondamentali stabiliti dalla Carta dell’Unione europea, inclusa la tutela dello stato di diritto e della democrazia. Con questa complessa regolamentazione, l’Unione completa gli strumenti per la tutela degli utenti della rete e della concorrenza nei mercati digitali dell’Unione europea (con il Gdpr, il Digital services act e il Digital markets act), per cercare di porre argini agli impatti economici e sociali generati dalla rivoluzione industriale in corso. Alcune grandi compagnie e alcuni partiti della destra populista accusano apertamente le istituzioni europee di aver regolamentato in modo eccessivo l’uso dell’intelligenza artificiale, ostacolando l’innovazione e minando di fatto la libertà d’impresa e la libertà di espressione. È però lecito sospettare che queste accuse siano dirette unicamente alla difesa di interessi economici concentrati in pochissime mani a livello globale, che vanno dai gestori delle piattaforme social alle aziende che forniscono servizi digitali o gestiscono il commercio elettronico. È peraltro recente la storica sentenza con cui la Corte di giustizia dell’Unione europea ha confermato la sanzione stabilita dalla Commissione nei confronti di Google (2,4 miliardi di euro) per aver favorito attraverso la cosiddetta pratica dell’auto-preferenza il proprio servizio di comparazione degli acquisti, a discapito dei servizi offerti dalle piattaforme concorrenti. A questa sanzione se ne è aggiunta un’altra inflitta ad Apple, per il valore considerevole di 13 miliardi di euro, in quanto l’azienda statunitense dal 2003 al 2014 ha goduto di un’aliquota fiscale agevolata concessa dal governo irlandese pari all’1% anziché al 12,5%, anche in questo caso a danno delle imprese concorrenti oltre che dei consumatori e dei contribuenti.

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