Pubblicato il bando della seconda edizione del Premio che quest'anno si apre anche ai testi degli studenti della scuola secondaria. Sarà una giuria popolare a decretare i vincitori

La letteratura del lavoro in Italia ha continuato a esprimersi in forme carsiche e a fasi alterne, senza tuttavia mai esaurirsi, registrando aspettative, descrivendone la realtà mutevole, i cambiamenti, i soggetti e la loro cultura, le sconfitte e le nuove realtà. Il nuovo secolo si apre con La dismissione di Ermanno Rea (2002) sullo smantellamento dell’Italsider di Bagnoli, non a caso definita “opera ponte”, e con Il mondo deve sapere (2006) di Michela Murgia, sottotitolato in modo illuminante “Romanzo tragicomico di una telefonista precaria”. Due testi che registrano la profondità delle trasformazioni tra vecchio e nuovo mondo del lavoro. Da allora si sono ovviamente susseguite altre opere di autori come Simona Baldanzi, Angelo Ferracuti, Alberto Prunetti, Stefano Valenti, Vitaliano Trevisan e altre e altri.
Contemporaneamente, nella società, o per lo meno in una parte più avvertita di essa, alla retorica sulla fine del lavoro e la scomparsa della classe operaia, a partire dalla crisi del 2008/2012, si è andata sedimentando una consapevolezza sulla nuova condizione del lavoro e un conseguente interesse per la stessa letteratura del lavoro.
Se negli anni 60 e 70 del secolo scorso la letteratura del lavoro poté godere di una visibilità, una diffusione e un riconoscimento che giungeva dal ruolo del movimento operaio organizzato e dal supporto di istituzioni culturali e accademiche, oggi che quel mondo e quelle istituzioni sono crollate sotto le spallate dell’offensiva capitalistica, la Cgil di Roma e del Lazio, assieme alla Fondazione Di Vittorio e all’Istituto di Ricerca economica, storica e sociale del Lazio (Iress) si sono proposte di contribuire a colmare questo vuoto a partire dalla promozione del Premio letterario Di Vittorio, giunto alla sua seconda edizione. Nei giorni scorsi è stato pubblicato il nuovo bando del Premio Letterario introducendo, oltre le due sezioni dedicate, rispettivamente, ai romanzi editi e ai racconti inediti, una nuova sezione intitolata “I colori dei mestieri”, dal titolo di una indimenticabile poesia di Gianni Rodari, dedicato alle studentesse e agli studenti delle scuole secondarie di primo e secondo grado, promosso assieme all’associazione Proteo Fare sapere Lazio.
La scadenza del bando è fissata per il 1° maggio per i romanzi editi e per il 1° giugno per i racconti brevi e per la sezione rivolta ai giovani e giovanissimi. I promotori hanno scelto con radicalità di ribaltare il punto di vista, non più esperti e intellettuali che valutano le opere (ai quali, nella giuria scientifica, è pur tuttavia attribuito un ruolo importante di supporto scientifico, selezione e sostegno) ma lavoratrici e lavoratori, delegate e delegati riuniti in una giuria popolare che valutano romanzi e racconti, che valutano e votano le opere che trattano di loro stessi, del loro lavoro e della loro vita.
La prima edizione si è conclusa il 27 settembre 2024 con l’assegnazione del Premio da parte di Maurizio Landini al romanzo di Danilo Conte Per giusta causa, una sorta di social legal thriller in cui l’autore, avvocato del lavoro, descrive con partecipazione e indignazione alcune vicende reali da lui stesso professionalmente seguite. La sestina di finalisti era composta da altri cinque romanzi: Orata in offerta di Elisa Audino (menzione speciale della Giuria scientifica), Memorie di una famiglia di guantai di Antonio Caiafa, Cronache della sesta estinzione di Stefano Valenti, Trasch di Martino Costa, e infine I 35 giorni della città di Torino di Cristiano Ferrarese. Di indubbio interesse sociologico e valore letterario i racconti (di cui i primi dieci saranno prossimamente pubblicati da Alegre) che ci segnalano uno spaccato del mondo contemporaneo del lavoro e della percezione sociale che di questo se ne ha, dal precariato agli stage gratuiti, alla sicurezza e gli infortuni sul lavoro. Il tema dei morti sul lavoro emerge nella maggioranza dei racconti a restituire volti, affetti, sentimenti e sogni, come solo la letteratura può fare, a chi in un tragico attimo tutto perse, riducendo una vita all’ennesima notizia di una cronaca infinita.
Un’ultima considerazione sulla nuova letteratura del lavoro per come si è manifestata negli ultimi anni e che trova conferma anche nella prima edizione del Premio. Non emerge più una missione liberatrice del lavoro, una prospettiva di realizzazione nel lavoro di pari passo a una trasformazione della società, come avvenne con la Letteratura industriale degli anni 70 e 80. Le nuove opere, viceversa, descrivono con amarezza e crudo realismo la condizione di un lavoro sempre più alienante, instabile e pericoloso, meno a misura delle persone, della loro dignità e delle loro aspirazioni. Una denuncia dolente e disillusa, neanche gridata con l’indignazione che pure meriterebbe ma semplicemente consegnata alle lettrici e lettori e all’uso che di questa ne sapranno fare.

L’autore: Eugenio Ghignoni è presidente Iress Lazio