Il governo italiano continua a parlare di lotta ai trafficanti e finge di non sapere che lo sono i suoi referenti libici

Arrestato l’uomo che “fermava i migranti”. Si potrebbe dire così delle manette ai polsi messe a Njeem Osama Elmasry (Almasri) in un hotel a Torino dalla Digos di Torino nel corso di un controllo di routine.

Su di lui la Corte internazionale ha emesso il mandato di cattura lo scorso 18 gennaio per fargli scontare una condanna all’ergastolo per crimini di guerra e contro l’umanità. Le accuse sono integrate dalle contestazioni di stupro di guerra, violenze sessuali plurime e omicidio.

Elmasry è stato il capo della prigione e centro di torture libico di Mitiga e capo della polizia di Tripoli. Non si esclude una sua presunta partecipazione alle fosse comuni trovate a Tarhuna dopo il cessate il fuoco in vigore dall’ottobre 2020 su cui sta indagando la Corte penale internazionale.

Elmasry è un simbolo della Libia di oggi, dove la corruzione – anche morale – confonde criminali e poliziotti , che interpretano entrambi i ruoli. Il governo italiano continua a parlare di lotta ai trafficanti e finge di non sapere che lo sono i suoi referenti libici. Lo chiamano memorandum libico , ma è un quotidiano foraggiamento per criminali di stato che si distinguono per empietà e violenza.

Non è un caso che dalla Libia descrivano l’uomo come “noto per il suo rigore, la sua dedizione e la professionalità nell’adempimento dei compiti affidatigli per molti anni”.

Non è un caso che Elmasry sia stato arrestato in Italia: l’Italia tratta amichevolmente i criminali libici, li istruisce e gli è profondamente grata. Elmasry parla molto di noi. 

Buon martedì.