Sono deluso, inutile negarlo, per la decisione della Corte Costituzionale di considerare non ammissibile il referendum abrogativo contro l’autonomia differenziata. Attendiamo, per una analisi più attenta, di leggere le motivazioni. Sono deluso, peraltro, perché vi era stata, un mese fa, la decisione della Cassazione, la quale sembrava preparare, pur nella reciproca autonomia, l’ammissibilità da parte della Corte Costituzionale. Sia i costituzionalisti, sul piano scientifico, che i Comitati contro ogni autonomia differenziata, che le grandi organizzazioni di massa avevano (più volte anche qui su Left) indicato i motivi che avrebbero, presumibilmente, portato all’ammissibilità del referendum abrogativo.
La decisione della Corte, comunque, non significa che il nostro impegno democratico sia sconfitto. Facendo vivere insieme forme molteplici, giuridiche, di mobilitazione, di diffusa partecipazione popolare, siamo riusciti ad imprimere uno svuotamento decisivo della legge Calderoli e della concezione di autonomia secessionista che la sottende. Ora più che mai la mobilitazione deve continuare, per consolidare gli importanti risultati conseguiti, evitando che la legge Calderoli riviva sotto mutate spoglie, per continuare il nostro percorso verso il regionalismo solidale e costituzionale. Abbiamo riportato, in questi anni, alla luce i concetti, che erano stati rimossi dalle forze politiche, di eguaglianza, solidarietà, ma anche di servizi pubblici, di stato sociale. Abbiamo costruito una traccia indelebile: i diritti costituzionali sono esigibili. La Corte Costituzionale ha negato l’ammissibilità del referendum sostenendo che non si poteva, per via referendaria, abrogare l’articolo 116, terzo comma, della Costituzione. Si può, quindi, abrogarlo con un procedimento di revisione costituzionale.
Vedremo. Quel che è certo è che la Corte Costituzionale implicitamente allude a quel monumento di insipienza giuridica e politica che fu la “controriforma” del Titolo V della Costituzione del 2001, voluta, con un grave errore, da larga parte del centrosinistra. Acutamente, la prof. Algostino ha qualificato la legge Calderoli come “attuazione incostituzionale della Costituzione”. Da dove ripartiamo, ora? Dalla decisione della Corte Costituzionale sulla incostituzionalità di assi portanti della legge Calderoli. Una decisione importante che impone il tema del regionalismo solidale che arricchisce la forma Stato e la forma di governo disegnate dalla Costituzione. I sette punti principali dell’impianto della legge Calderoli sono stati dichiarati incostituzionali. Senza una riscrittura profonda e radicale non vi può essere legge sull’autonomia. Anzi, ha scritto la Corte in quella decisione, il Parlamento deve necessariamente modificare la legge, nella direzione dalla Corte stessa indicata; non solo; la Corte Costituzionale verificherà la correttezza delle decisioni parlamentari nell’adeguarsi agli obblighi imposti dalla sentenza stessa. Il compito del Parlamento, ora più che mai, della forze politiche al suo interno, è quello di evitare che governo e maggioranza tentino una truffa, imboccando la strada ipocrita di un regionalismo sempre competitivo e secessionista, ma un pochino meno antimeridionale e che smantelli un po’ meno lo stato sociale. Spetta alla stampa democratica, alle forze politiche e sociali, ai comitati territoriali vigilare, incalzare, mettere in campo una ricchezza partecipativa verso un regionalismo solidale.
L’autore: Giovanni Russo Spena, già parlamentare e docente universitario, fa parte dei Giuristi Democratici e del Coordinamento per la democrazia costituzionale