Da qualche giorno la ministra del Turismo Daniela Santanchè si è barricata negli uffici del suo ministero. Ieri ha magnificato i risultati del turismo italiano, omettendo qualche cifra, com’è consuetudine della compagine di governo, per lanciare un messaggio ai suoi compagni di partito: sono qui e qui sto.
I ben informati raccontano che il pranzo con il presidente del Senato Ignazio Benito Maria La Russa non abbia prodotto il risultato sperato: nonostante l’invito alle dimissioni, la “Santa” è tornata sul suo Aventino dopo il caffè con un messaggio limpido da rispedire al mittente: non mi dimetto.
Il mittente, però, è la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, colei che da due anni dice agli italiani di essere forte più di ogni avversità, e colei che disse a Berlusconi di «non essere ricattabile» da nessuno. Tranne che dalla sua amica ministra Santanchè?
Che vuole la regina delle spiagge? La vendetta, semplicemente. La ministra vuole che Meloni chieda pubblicamente le dimissioni, senza tramiti di partito, e che se ne prenda le responsabilità. Il ragionamento è semplice: se Meloni costringe Santanchè alle dimissioni per un rinvio a giudizio non potrà continuare a fare finta di niente nei confronti del sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro Delle Vedove e poi di tutti quelli che dovessero inciampare nella giustizia.
È un “muoia Sansone con tutti i filistei” con tanti saluti alla favoletta del “governo compatto” e del partito. Il tessuto di Fratelli d’Italia s’è rotto e la condottiera Meloni scricchiola tra i panni sporchi. E questo è tutto quello che c’è da dire sulla levatura e la responsabilità istituzionale della squadra di governo.
Buon giovedì.