Il capo dell’Aise, Giovanni Caravelli, secondo Il Foglio, sarebbe volato in Libia per “escogitare un piano per evitare nuovi episodi imbarazzanti dopo il caso Almasri. Ma Alfredo Mantovano ha smentito la ricostruzione parlando di “calunnia in libertà” e minacciando querele.

Mi pare che sia passato molto sotto traccia l’articolo pubblicato lo scorso 11 febbraio su Il Foglio a firma di Luca Gambardella. All’interno si legge che, dopo la figuraccia mondiale del governo Meloni con la liberazione del capo della polizia libica Osama al Najem, detto “Almasri”, il capo dell’Aise, Giovanni Caravelli, sarebbe volato in Libia per “escogitare un piano per evitare nuovi episodi imbarazzanti”. Il Foglio scriveva che “Caravelli ha incontrato il premier libico Abdulhamid Dabaiba e il procuratore capo di Tripoli, al Sidiq al Sour, con i quali si è confrontato sui nominativi riservati di alcuni libici su cui la Corte penale internazionale ha emanato un mandato d’arresto. Il capo dell’Aise ha informato chi di questi potrà viaggiare in Italia in futuro senza il rischio di essere arrestato”.

Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega ai Servizi, Alfredo Mantovano, rispondendo ai giornalisti alla Camera, ha smentito la ricostruzione parlando di “calunnia in libertà” e ha promesso di querelare il giornalista e la testata.

Nel frattempo, abbiamo scoperto che l’attivista sudanese David Yambio (che ha denunciato d’essere stato vittima delle torture di Almasri) è indagato dalla procura di Palermo. L’abbiamo saputo – anche lui – da un articolo de Il Giornale, che però ha indicato come indagato Luca Casarini di Mediterranea, sebbene non lo sia. L’informazione era contenuta in un documento riservato del Viminale indirizzato ai servizi. Yambio è tra gli spiati con lo spyware Graphite di Paragon, che però non è in uso in quella Procura.

Tutto bene?
Buon lunedì.