Il capo della Lega ha costruito il suo potere sulla propaganda, ma ora la realtà presenta il conto e i suoi 'generali' iniziano a disertare

C’è un tratto grottesco nella parabola di Matteo Salvini: a furia di agitare il rosario, gli è rimasto in mano solo il filo spezzato. Il suo dominio sulla Lega, un tempo incontrastato, ora somiglia a un castello di carte pronto a crollare al primo soffio di vento. E il vento ha il volto del generale Roberto Vannacci, che della fedeltà a Salvini ha fatto una variabile dipendente dai propri interessi.

L’ultimo affronto arriva dalla Toscana, dove Vannacci sconfessa la candidata leghista Elena Meini e si prende la scena: il suo Mondo al contrario è già pronto a diventare una casa politica, se necessario anche in solitaria. Un messaggio chiaro: l’era di Salvini come leader indiscusso è finita. E mentre il ministro dei Trasporti insegue treni sempre più in ritardo e si attarda in battaglie di bandiera come il Ponte sullo Stretto, i suoi generali iniziano a disertare.

Salvini ha costruito il suo potere sulla propaganda, ma ora la realtà presenta il conto. Le urne non premiano, gli alleati ridono sotto i baffi e i colonnelli della Lega fiutano il cambio di stagione. Vannacci non è un incidente di percorso: è il segnale di un declino. E questa volta non basteranno selfie e felpe per rimettere insieme i cocci.

Buon lunedì.