L’infingarda sceneggiata di Meloni alla Camera contro il Manifesto di Ventotene è la trappola perfetta per opposizione e giornalisti

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni oggi si imbarca per Bruxelles senza il mandato del suo governo per votare il piano ReArm Europe voluto da von der Leyen. Non è un retroscena: lo ha detto chiaramente il capogruppo leghista alla Camera, Riccardo Molinari, e lo ha ribadito ieri pomeriggio il vicepresidente del Consiglio, Matteo Salvini.

Dopo aver detto a Bruxelles che il problema era solo un nome poco goloso – poiché per lei la politica è una continua rappresentazione – oggi Meloni deve riferire agli altri leader di Stato che la sua maggioranza è a pezzi, che i nodi sono venuti al pettine: troppi amici di Trump, troppi nemici dell’Europa, troppi nazionalismi spicci, troppi ex innamorati di Putin affastellano la sua compagine di governo.

È un fallimento politico enorme. L’Italia, quando non si tratta di cianciare di immigrati e minoranze, non riesce a trovare una quadra. Il governo italiano non ha una politica estera. Per nascondere il disastro, la capa del governo ha fatto ciò che sa fare meglio: fare leva sulla sua malinconia nera, infangando il manifesto di Ventotene per rassicurare la sua base (nera) e sollevare un polverone.

L’infingarda sceneggiata di ieri alla Camera è la trappola perfetta per opposizione e giornalisti. Sputando sulla storia, ha condito il vuoto pneumatico del governo con la polemica. Ma che alla premier non piaccia l’idea di Europa lo sappiamo da tempo. I sovranisti governano con piccoli cabotaggi nel mare ristretto delle loro idee locali. Per natura, sono incapaci di unioni di qualsiasi portata. È la loro natura.

Buon giovedì.