Un’indagine promossa da Slc-Cgil e Fondazione Di Vittorio accende i riflettori sulle condizioni di chi lavora nel mondo del cine-audiovisivo e del teatro. L’inchiesta mette in luce le fragilità strutturali di un settore segnato da precarietà, discontinuità occupazionale, assenza di welfare

Chi recita, chi canta, chi suona, chi balla. Chi dirige, chi trucca e chi “parrucca”. Chi monta le scene, chi fa le luci, chi l’audio. Chi fa il montaggio e chi fa il doppiaggio. Chi fa il casting, chi fa la scenografia, chi la fotografia, chi la coreografia. Chi fa i costumi, chi fa cabaret, chi “funambola”, chi presenta. Chi fa la comparsa, chi lo stuntman, chi la maschera. Insomma, tutti e tutte coloro che lavorano nel settore del cine-audiovisivo e dello spettacolo dal vivo.

È a tutte e tutti loro che è rivolto il questionario online promosso da Slc-Cgil insieme a Fondazione Giuseppe Di Vittorio. L’obiettivo è “accendere i riflettori” sulle condizioni di lavoro di un settore tanto bello quanto complesso e fragile, di cui si parla poco dal punto di vista del lavoro.

Il nostro patrimonio culturale e artistico è unico al mondo, una fonte inesauribile di ricchezza, bellezza e talenti. Il settore del cine-audiovisivo e del live è un bene comune, riconosciuto anche dall’articolo 9 della Costituzione, su cui, però, il Paese, da tempo, investe poco e male e con ricadute minime su quello che invece dovrebbe essere un tema centrale: cioè la valorizzazione delle tante e diverse competenze di chi lavora, i loro diritti e la garanzia di un livello di welfare, che tuttora manca, in grado di rispondere ai bisogni di questo mondo, strutturalmente condizionato dalla discontinuità del lavoro. I dati sulla spesa pubblica sullo spettacolo (contributi diretti a cine-audiovisvo e live) sono disarmanti, inesorabilmente in diminuzione in rapporto al Pil da 40 anni: nel 2023, la somma dei fondi del Fus (il Fondo unico per lo spettacolo) e dei contributi diretti del Cine-audiovisivo sono stati soltanto lo 0,025% del Pil (niente in confronto all’1,57% speso in armi nello stesso anno… ci pensate che bello se nel mondo intero si facessero più spettacoli e meno guerre!).

Pochi investimenti pubblici, quindi, poche tutele per chi lavora nel settore. Ma quanti sono i lavoratori e le lavoratrici coinvolte? E soprattutto, come lavorano? Cosa c’è dietro la patina dorata di questo mondo del lavoro che nell’immaginario collettivo spesso si fatica a percepire come tale?

Molti problemi esplosero in modo emergenziale nel 2020, ma esistevano da sempre e chi lavorava nel settore lo sapeva bene: i contratti discontinui, le prove non pagate, la formazione non garantita, la difficoltà di

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