Chissà se in Libia ieri c’è stato uno sbirresco ministro dell’Interno, o similare, che ha usato l’account social istituzionale scrivendo: “Respinto italiano di mezza età alla frontiera che clandestinamente cercava di intrufolarsi nel suolo libero. I clandestini a casa!”. Il tutto accompagnato dalla faccia contrita e cadente del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, che ieri ha provato sulla propria pelle (meglio, sulla nostra, perché la credibilità nazionale sarebbe patrimonio di tutti) cosa significhi essere improvvisamente dalla parte sbagliata del mondo.
A Piantedosi – nonostante la figura barbina che entrerà negli annali delle pagliaccerie di Stato – è andata comunque bene. Avrebbero potuto sbatterlo in un CPR a mangiare e farsi mangiare dagli scarafaggi in attesa dell’imbarco verso Roma, additato come criminale da qualche esponente politico libico che avrebbe incassato applausi per aver difeso le sue donne dal pericoloso italiano.
Oppure avrebbe potuto essere imbarcato su una nave libica (meglio, italiana, perché sono quasi tutte nostre le navi da quelle parti) per sorbirsi un viaggetto fino all’Albania, dove sarebbe stato usato come scalpo per fomentare la foga securitaria europea.
Niente di tutto questo. A Piantedosi rimane solo l’essere diventato interprete del più tragicomico contrappasso dei sovranisti di quest’epoca. È passato in qualche secondo da ministro oggetto di cerimoniale a straniero bersaglio di contumelie. Tutto questo solo perché quel confine gli è stato usato contro come frusta. Caro ministro, le è andata bene: noi buonisti siamo dalla sua parte.
Buon mercoledì.




