Si provi ad immaginare di provare la fame, quella che ti stende, ti impedisce di alzarti, ma di dover cercare il cibo soprattutto per una figlia troppo piccola per patire l’orrore della guerra. E si immagini la folla che si accalca laddove sembrano giungere insufficienti aiuti. Non basta. Si giunga a pensare che queste donne e questi uomini che sperano, vengano raggiunti, mentre cercano un pugno di farina, da colpi di mitra, da droni, da missili, lanciati dagli aerei o dalle navi. E si pensi, si provi a vedere chi fugge, dovendo lasciare amici, a volte parenti, in quella morte oscena, portando con sé un sacchetto di farina impregnato di sangue. Fa male vero? Farebbe male anche se fosse un racconto di fantasia con cui si vuole mettere in guardia chi legge dagli orrori della guerra, ma invece è realtà, vissuta e raccontata da una giovane giornalista gazawi, che continua a restare lì, a provare a rompere il silenzio. Le vicende raccontate in Hanno ucciso habibi (Wetlands), sono qualcosa di cui è forse impossibile comprendere le dimensioni, l’orrore, le conseguenze. A raccontare tutto questo, quasi in tempo reale, è Shrouq Aila, giovane giornalista e produttrice palestinese a cui, nel 2024 è stato conferito il prestigioso Cpi International press freedom award, e nel 2025 il News & documentary Emmy award for outstanding video journalism per il documentario A Hidden War. Non sappiamo se questi premi l’abbiano fatta sentire ascoltata, meno sola, più determinata a voler continuare a vivere. Prima del 7 ottobre del 2023 era una giornalista innamorata del proprio lavoro e del proprio uomo, un collega con cui aveva avuto una bambina, con cui sognava un futuro in una casa, raccontata come una felicità che non tornerà mai più, bella come un sogno. Due settimane dopo, suo marito, Roshdi Sarraj, è morto in un bombardamento per salvare lei e la figlia. Roshdi e Shrouq, non erano e non sono due terroristi, le loro armi inaccettabili per l’occupante israeliano sono le tastiere dei computer e le videocamere che testimoniano quello che vedono, senza infingimenti. Mentre scriviamo è arrivato a 260 il numero dei giornalisti uccisi nella Striscia di Gaza, più di quelli morti durante la Seconda guerra mondiale. Eliminare i testimoni Per continuare la lettura dell'articolo abbonati alla rivistaQuesto articolo è riservato agli abbonati
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La voce di Gaza che nessuno può zittire
Nel libro Hanno ucciso habibi la giornalista palestinese Shrouq Aila racconta l’orrore della guerra e la dignità di un popolo aggredito. Una testimonianza che è anche uno straordinario atto di resistenza e verità



