Lavoro e salari in Italia negli ultimi 20 anni sono all’insegna di precarietà e impoverimento. Lo documenta il terzo volume della collana ‘L’economia italiana negli anni venti’ della Società Italiana di Economia (Carocci Editore): esamina il declino di lungo periodo dei salari reali e il deterioramento delle condizioni lavorative.

Un lavoratore ‘povero’ è un lavoratore ‘felice’? La domanda non è poi tanto oziosa visto che se la sono posta fior di economisti. Il lavoro povero, o “working poor”, si verifica quando una persona, pur avendo un’occupazione, non guadagna abbastanza da superare la soglia di povertà, secondo la definizione dell’Unione Europea. Questo fenomeno, in crescita, riguarda sia lavoratori dipendenti che autonomi, con contratti precari e mal pagati.

Nel periodo 2000-2023, i salari in Italia si sono contratti dell’8,1% a fronte di una crescita media delle retribuzioni in area euro del 5,3%. Il declino di lungo periodo dei salari reali e il deterioramento delle condizioni lavorative a cui abbiamo assistito in Italia negli ultimi decenni si configurano come una vera e propria emergenza sociale.

Questo il quadro negativo offerto e confermato dall’ultimo Rapporto mondiale sui salari dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil), secondo cui i salari reali in Italia sono inferiori di 8,7 punti rispetto a quelli del 2008, il risultato peggiore dei Paesi del G20. Fasce sempre più ampie di popolazione e famiglie sono così spinte in una condizione di precarietà e incertezza sul futuro.

“Lavoro e salari in Italia. Cambiamenti nell’occupazione, precarietà, impoverimento”, a cura di Rinaldo Evangelista, professore di Politica economica all’Università di Camerino, e Lia Pacelli, professoressa di Economia politica all’Università di Torino (Carocci Editore), fornisce un quadro empiricamente e metodologicamente fondato, ma di facile comprensione, sui diversi elementi di fragilità della struttura occupazionale e delle condizioni del lavoro nel nostro Paese.

Il volume, uscito di recente, è parte del progetto “L’economia italiana negli anni venti. Declino, strutture produttive, disuguaglianze, transizioni” della Società italiana di Economia (SIE), a cui aderiscono oltre mille docenti universitari, economiste ed economisti. Il progetto intende diffondere – in modo divulgativo e accessibile – i risultati delle ultime ricerche, per offrire gli strumenti atti a comprendere i nodi dell’economia italiana di oggi, fornendo indicazioni per le strategie delle imprese, le politiche pubbliche e le iniziative sociali.

Il saggio è suddiviso in tre sezioni: la prima fornisce una lettura ‘strutturale’ delle determinanti dei bassi salari in Italia, notoriamente i più bassi d’Europa; la seconda esplora la composita area del lavoro povero nel nostro Paese; la terza prende in esame aspetti strutturali e il ruolo delle politiche pubbliche. Grazie ai contributi di ventidue tra i maggiori studiosi italiani, le cause dei bassi salari e della crescita del lavoro povero sono individuate in tre decenni di altrettanto bassa crescita economica e nella stagnazione della produttività, nelle fragilità della struttura produttiva italiana e negli effetti prodotti da una lunga stagione di deregolamentazione del mercato lavoro, nell’assenza di politiche industriali in grado di elevare la qualità delle produzioni e dei lavori disponibili.

Nei tredici capitoli in cui si articola, il volume cerca quindi di restituire la complessità dei problemi includendo nell’analisi la prospettiva di genere, la questione del salario minimo, la povertà delle famiglie e il punto di vista del sindacato. Quattro pezzi per niente facili da mettere insieme. Le dinamiche salariali vengono inoltre studiate in relazione alle cosiddette innovazioni verdi.

Ma quali sono le strade praticabili per invertire un percorso decisamente fallimentare? Al primo posto, secondo gli esperti, “occorre ridare slancio alla produttività”, connettendola ad un innalzamento della qualità e del contenuto di conoscenza delle produzioni; quindi va “ridotto il ‘nanismo’ e la forte frammentazione del tessuto produttivo”; infine, punto assai dolente, è necessario “avviare cambiamenti nel quadro politico-istituzionale in grado di restituire diritti, tutele, voce e forza contrattuale al mondo del lavoro”.

Ricordiamo che questa ricerca viene esplicitata nel terzo volume della collana ‘L’economia italiana negli anni venti’ della Società Italiana di Economia, edita da Carocci. I primi due, pubblicati nel ‘24, sono “L’industria italiana contemporanea. Tra declino e ristrutturazione”, a cura di Donato Iacobucci, professore all’Università Politecnica delle Marche e “I divari territoriali in Italia. Cause, effetti e politiche di contrasto”, a cura di Gianfranco Viesti, professore all’Università di Bari Aldo Moro, che è spesso intervenuto nell’acceso dibattito politico sul tema dell’autonomia differenziata. I cui esiti – a dir poco perniciosi per l’intero Paese – tardano tutt’oggi ad essere pienamente compresi da gran parte dei politici e dei cittadini.

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