Tra i 1021 comuni alle urne l’11 giugno per il rinnovo del consiglio comunale ci sono anche due isole, Ventotene e Lampedusa. Piccole comunità (6mila abitanti Lampedusa e 700 circa Ventotene), in luoghi con problemi diversissimi tra loro ma con alcuni punti in comune. Il loro nome infatti è legato all’Europa: Ventotene come luogo simbolo dove l’unione è stata pensata da Spinelli e Rossi nel loro celebre Manifesto; Lampedusa, come porta d’Europa, terra di accoglienza per i migranti ma anche luogo testimone di immani stragi del mare. Non solo. Sono due isole nella corrente “renziana”, potremmo dire, legate alla storia recente della politica. Per Ventotene, o meglio, per l’isolotto prospiciente di Santo Stefano, Renzi aveva proposto – con tanto di finanziamenti – la scuola di alta formazione per dirigenti europei. Ma anche per Lampedusa il segretario Pd in qualche modo ci ha messo la faccia, visto che la sindaca uscente Giusi Nicolini, che si ricandida, pochi giorni fa è stata chiamata nella direzione del Partito democratico.
Il carcere di Santo Stefano, manna per Ventotene
L’isola pontina nell’agosto scorso fu lo scenario del summit con Matteo Renzi, Angela Merkel e Francois Hollande. O meglio, i tre premier si limitarono a una rapida tappa sull’isola per deporre i fiori sulla tomba di Altiero Spinelli, perché il vertice si svolse su una portaerei. Ma prima di quella che si rivelò essere solo una passerella mediatica, a gennaio 2016 era arrivata una buona notizia per Ventotene. Matteo Renzi insieme al ministro Franceschini e al presidente della Regione Lazio Zingaretti si era recato sull’isolotto di Santo Stefano e aveva lanciato la proposta di recupero dello storico carcere del ’700. Poi a maggio il Cipe ufficializzò lo stanziamento di 70 milioni di euro, con tanto di relativo tavolo tecnico costituito da Demanio, ministero dei Beni culturali, ministero dell’Ambiente, Regione e commissario prefettizio subentrato al sindaco Geppino Assenso, dopo la caduta della giunta che non era riuscita ad approvare il bilancio. Ma il tavolo tecnico, una volta dimessosi Renzi, ha rallentato il suo lavoro, anzi, nell’isola dicono che non si è più riunito. Nel suo discorso al Lingotto per la corsa alla segreteria Pd Matteo Renzi aveva tenuto a ricordare i 70 milioni per Santo Stefano. Ma nel frattempo non è successo nulla. «L’unica cosa che sta avvenendo è il completamento di un piccolo intervento finanziato dal Mibact prima dell’annuncio di Renzi, una sorta di puntellamento e messa in sicurezza dell’edificio», dice Salvatore Schiano di Colella, storica guida di Santo Stefano, che per l’associazione Terra Maris gestisce il museo archeologico di Ventotene. Intanto l’isolotto dal 25 agosto 2016 è off limits: dopo un sopralluogo dei vigili del fuoco, in seguito al terremoto di agosto, la commissaria prefettizia ha deciso di chiuderlo: niente più visite guidate. La speranza dei residenti di Ventotene è che il famoso tavolo tecnico possa riprendere anche grazie alle pressioni, questa volta di un sindaco. I segnali positivi ci sarebbero. Il genio militare dell’aeronautica sta costruendo a Santo Stefano una elisuperficie di emergenza, proprio in previsione dei lavori del cantiere. Intanto, i candidati alla poltrona di sindaco utilizzano il tema dei finanziamenti per ottenere più consensi alle urne.
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Giusi Nicolini e le infinite tragedie dei migranti
Quando venne eletta sindaca di Lampedusa nel 2012 con il 26% dei voti, Giusi Nicolini dovette subito affrontare problemi di dirigenti comunali indagati e illeciti amministrativi. L’elezione dell’attivista di Legambiente, per anni direttrice della riserva naturale che comprende l’Isola dei Conigli, sembrava davvero una svolta per la terra più a sud d’Europa. Era l’anno dopo il terribile 2011, quando sull’isola si riversò un’onda continua di giovani migranti in fuga dal Nord Africa dopo le Primavere arabe. Allora, il centro di accoglienza non bastò ad accoglierli tutti e in migliaia rimasero accampati per giorni nella zona del porto, con gli abitanti che in qualche modo cercavano di aiutarli. Con Borghezio che faceva la sua parata trionfale a fianco di Marine Le Pen e Silvio Berlusconi che voleva acquistare una casa a Lampedusa, la vittoria di Nicolini segnò davvero uno spartiacque nell’asfittico panorama politico isolano. Dal 2012 sono accadute molte, moltissime cose. Nel 2013 c’è stata la tragedia del 3 ottobre con i suoi 386 morti, le polemiche sui soccorsi, le bare all’aeroporto e la processione di politici. La sindaca allora e in seguito non mancò mai di chiedere interventi per far sì che Lampedusa non diventasse «il luogo dove finisce l’Europa, ma dove inizia». La sindaca, una delle quattro donne insieme con Matteo Renzi in visita da Obama alla Casa Bianca, ha ricevuto ad aprile il premio Unesco per la pace. E anche il cinema con Gianfranco Rosi e il suo docufilm Fuocammare, vincitore dell’Orso d’Oro a Berlino, ha celebrato l’isola e il suo rapporto con i migranti. Ma dopo il grande clamore, cosa è successo a Lampedusa? Questa è la domanda cruciale. Al di là dei media e dei film, al di là dei personaggi diventati famosi come il medico Pietro Bartolo, al di là degli innumerevoli eventi organizzati nell’isola, come vivono i residenti? Qualche delusione c’è. La sindaca che, va detto, si è trovata subito a fronteggiare l’emergenza subendo anche minacce non velate, si sarebbe “chiusa” troppo dentro la macchina amministrativa non cercando un coinvolgimento “con” i lampedusani. Fatto sta che adesso le elezioni si presentano alquanto incerte. Giusi Nicolini, pur essendo nella segreteria del Pd, è alla testa di una lista civica, “Per le Pelagie”, soltanto di ispirazione Pd. Anche perché nell’isola il Partito democratico si è spaccato e l’11 giugno si ripresenta un candidato storico, l’ex sindaco (Pd) Salvatore Martello. Anche lui con una lista civica, Susemuni, è forte dell’appoggio dei pescatori, mentre i renziani sostengono Nicolini.
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