Le stragi, la tragedia dei migranti, i “gendarmi” piazzati alle frontiere dell'Europa sono il risultato di oltre un secolo di politiche criminali dell'Europa. E l'Italia è uguale agli altri Paesi con le infinite atrocità commesse in Libia, Eritrea e Somalia

La storia inizia con gli accordi di Sykes-Picot, quando le due grandi potenze coloniali dell’epoca (inizi del Novecento) ridisegnarono sulla carta geografica il nuovo Medio Oriente, inventando Stati senza una propria identità nazionale, cancellando, prima con un tratto di penna e poi con le armi, comunità intere.

Libia, Etiopia, Eritrea, Somalia, Algeria, Congo, Mozambico, Angola… È il passato che non passa, sono ferite che non si rimarginano. In periodi storici diversi, sotto regimi diversi, ma con la stessa, lunga scia di sangue. E con una verità che si vorrebbe cancellare. Una verità scomoda. Italia, Francia, Belgio, Spagna, Portogallo, così come Austria, Gran Bretagna, Germania: nel continente Africano, i colonialismi europei si sono spessi trasformati in terrorismo di Stato. Non è solo la storia di Paesi saccheggiati, di popoli sottomessi a forza, di ricchezze naturali depredate da multinazionali onnivore che mantenevano dittatori sanguinari. Questo è il colonialismo “classico”. Ma quello che si vorrebbe cancellare, seppellire nel dimenticatoio, è il terrorismo di Stato: sono le stragi di civili, le città e i villaggi dati alle fiamme, le popolazioni deportate, le fosse comuni, le pulizie etniche.

Un passato che chiama pesantemente in causa l’Italia. Altro che “italiani brava gente”. Angelo Del Boca, il più autorevole storico italiano del colonialismo fascista nel Nord Africa, ha dedicato anni di ricerche e diversi saggi per dimostrare i crimini di guerra e contro l’umanità che le truppe italiane commisero in Libia, Etiopia, Eritrea… Somalia. Atrocità e torture impressionanti: a donne incinte venne squartato il ventre e i feti infilzati, giovani indigene violentate e torturate, teste mozzate portate in giro come trofei; torture anche su bambini e vecchi. Racconti documentati di massacri di massa, di uso sistematico dei gas contro la popolazione civile, di lager che nulla avevano ache “invidiare” a quelli nazisti. Il colonialismo italiano è stato brutale, selvaggio, e dietro di sé ha lasciato solo rovine e una memoria che il tempo, non solo in Libia, non ha cancellato. L’Italia ha tutto distrutto e nulla realizzato. A differenza di Francia e Gran Bretagna, rimarca in proposito Del Boca, che nei domini coloniali hanno formato una classe dirigente autoctona, l’Italia neanche questo ha fatto, impedendo anche l’istruzione, percepita come una minaccia.

Sono trascorsi quasi 80 anni da allora, ma la logica colonialista non è cambiata. Il terrorismo di Stato non viene più praticato direttamente ma per interposto regime. Cos’altro è il sostegno italiano alle milizie che in Libia si sono riciclate in guardiane dei lager nei quali vengono segregati e sottoposti alle più abominevoli torture, migliaia di migranti ricacciati indietro dalla Guardia costiera libica, spesso in combutta con i trafficanti di esseri umani, sostenuta, armata e addestrata dall’Italia? E cos’altro è, se non terrorismo di Stato per interposta persona, quello che si cela dietro all’appoggio dell’Italia, e dell’Europa, ad uno dei più brutali regimi africani: quello dell’Eritrea? Oggi come ieri, la diplomazia dei diritti non ha spazio nelle politiche neocoloniali dell’Europa: l’importante, l’imperativo categorico, è impedire una (inesistente) invasione di rifugiati e migranti dai Sud del mondo. Per ottenere questo risultato, le democrazie europee chiudono gli occhi e mettono mano ai portafogli, per arricchire i “Gendarmi” delle frontiere esterne: gli Erdogan, gli al-Sisi, i signori della guerra libici, i dittatori che spadroneggiano in Eritrea, Corno d’Africa, Sudan, Niger, Nigeria…

L’Italia non è stata la sola a praticare il terrorismo di Stato nel Vicino Oriente e in Africa. Vi sono pagine di vergogna, impastata di sangue, scritte da regni e democrazie europei che hanno depredato Paesi interi, massacrato popolazioni indigene, depredato le ricchezze naturali, sfruttato a livello di schiavitù anche i bambini. È la storia del colonialismo belga – nel Congo – di quello portoghese – in Mozambico e Angola – e poi  della Francia, della Gran Bretagna, della Germania. Queste ferite sono ancora aperte. Perché hanno significato la morte di decine di milioni di persone, la negazione dei più elementari diritti umani ad altrettante. Ha significato schiavitù sessuale, fosse comuni, crimini che oggi la “civile” Europa imputa ai nazi-islamisti di Daesh. Senza memoria, non c’è futuro. E coltivare la memoria di un colonialismo “terrorista” significa non solo non mantenere viva una verità storica ma anche ragionare sui guasti del presente e su scelte rivelatesi scellerate. «L’Italia – dice a Left Angelo Del Boca – sembra aver rimosso non solo il passato coloniale del Ventennio fascista, con tutta la brutalità che l’ha caratterizzato, ma con le scelte compiute nel presente dimentica anche cosa abbia voluto dire aver fatto parte dei Paesi europei che nel 2011 hanno portato guerra e distruzione in Libia, usando strumentalmente il tema dei diritti umani, per eliminare un testimone scomodo, Muammar Gheddafi, con il quale mezza Europa, tra cui l’Italia, aveva fatto affari, e, per quanto riguarda Gran Bretagna e Francia, per scalzare l’Eni nella sua posizione petrolifera dominante. Le conseguenze di quella scellerata guerra – conclude Del Boca – sono, e non da oggi, sotto i nostri occhi. Il problema è che chi governa, quegli occhi li vuol tenere chiusi».

Un atteggiamento complice che l’Italia condivide con l’Europa. L’Europa che ha scelto di pagare raìs, generali, autocratici per fare il lavoro sporco. Che erige muri e militarizza frontiere per ricacciare indietro milioni di persone che fuggono da guerre, disastri ambientali, sfruttamento inumano di multinazionali onnivore, che sono, spesso, il frutto delle scelte europee o occidentali. È la democrazia imposta dall’esterno in Iraq, che ha liquidato Saddam Hussein consegnando il Paese ad al-Qaeda e alla dittatura sciita. È  lo “scontro di civiltà” che ha ideologicamente supportato le guerre contro il terrorismo nel Grande Medio Oriente; guerre che invece di stabilizzare e pacificare, hanno destabilizzato e portato al potere tanti Pinochet mediorientali o africani. Uno per tutti: Abdel Fattah al-Sisi. È la doppia morale di chi si batte contro l’Isis, salvo poi fare affari con lo “Stato islamico” veramente realizzato: l’Arabia Saudita. Ieri era terrorismo di Stato colonialista. Oggi è usare la lotta al terrorismo jihadista per continuare a sfruttare popoli, alimentando guerre per procura. È il terrorismo di Stato del Terzo millennio. E l’Europa ne è parte attiva.

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