No fly kids. Bambini che non possono volare, letteralmente. Perché il loro nome è simile o uguale a quello di un sospettato, un criminale o di un terrorista. Ecco di cosa si sta parlando ogni giorno, sempre di più, in Canada. Per la lotta coraggiosa dei genitori dei bambini no fly, sta diventando impellente trovare una soluzione ai destini dei minori che il Paese conosce come “bambini che non volano”, bambini a cui è impedito o reso difficile prendere un aereo, lasciare il Paese, andare in vacanza, fare un viaggio insieme ai coetanei, per il semplice motivo che il loro nome è in un server che lo associa a quello di sospetti o colpevoli di attentati.
A differenza di quello che succede negli Stati Uniti, dove un errore di omonimia nei sistemi di sicurezza può essere corretto, in Canada non sono state trovate soluzioni adeguate fino ad oggi. I no fly kids, quasi tutti canadesi di prima generazione, nati in famiglie di migranti o matrimoni misti, non hanno mai abbandonato il Canada per visitare la patria dei loro genitori, che solo ora hanno ottenuto il supporto di 180 parlamentari della House of Commons.
Eppure niente si muove legalmente e ufficialmente per apportare cambiamenti al Passenger Protect Program, un piano che dà al ministero della Pubblica sicurezza canadese il potere di vietare ad una persona, anche minorenne, l’uso di mezzi pubblici, “se si crede sia coinvolta in attività che minacciano la sicurezza del trasporto pubblico, per commettere reati e crimini terroristici”.
Una volta divenuti maggiorenni, alcuni degli ex “bambini no fly” sono stati ingiustamente detenuti in aeroporto, sono stati sottoposti a controlli di altissima sicurezza, hanno visto i loro passaporti confiscati, sono finiti perfino in carcere. Tra il migliaio di canadesi “falsely flagged”, ovvero contrassegnati per errore, ci sono adesso anche 12 bambini nati solo da un paio di settimane. Le liste canadesi con il marchio perenne “non volo” contengono circa duemila persone, ma il numero non è stato ufficialmente confermato dalle autorità, che non vuole rendere pubblici i dati di tutti i “false flag”.
Yusuf è un canadese di 19 anni, con la sola colpa di avere un nome uguale a quello di un sospetto e ha detto al suo governo: “il mio nome è Yusuf Ahmed, da quando sono vivo, ricordo di essere nella lista, ho 19 anni. Le lunghe attese per i controlli, sono come uno stigma, sono intimidenti, il Canada è il mio Paese natale, ma non è tutto questo che mi tiene sveglio di notte. Mi tengono sveglio Almaliki, el Maati, Nureddin, Arar. Sono dei cittadini canadesi, imprigionati e torturati da governi stranieri a causa di informazioni false e inaccurate, tutte procurate dal nostro governo canadese. Oggi il nostro governo si è scusato, ha deciso di pagare milioni di compensazioni per l’errore a questi uomini, ma la mia domanda è: cosa farete per essere sicuri che questo non accada a me o ad altri cittadini canadesi?”.
Yusuf sta parlando di Abdullah Almalki e altri arabi canadesi torturati per informazioni, rivelatesi poi completamente false, durante la caccia alle streghe cominciata dopo l’11 settembre americano. Almalki, un ingegnere siriano-canadese, è stato torturato per due anni nelle celle di Assad dopo essere stato dichiarato una “minaccia” dalle autorità di Ottawa. Solo nel marzo scorso il governo canadese gli ha posto le sue scuse ufficiali.
“Sono otto anni che aspettiamo una soluzione, non abbiamo ottenuto niente se non vuote promesse” ha detto Sulemaan Ahmed. Suo figlio è nella lista da quando è nato, il suo nome combacia con quello di un ricercato, anche se luogo e data di nascita, numero di passaporto, ed altri dati identificatori, non sono uguali. Eppure questo basta ad impedirgli di prendere mezzi pubblici dove è necessaria l’identificazione. Per eliminare i falsi positivi dal server, ha detto il ministro della Pubblica Sicurezza Ralph Goodale, si potrebbe decidere di adottare il protocollo di riconoscimento che si usa negli Stati Uniti, ma a partire dal 2018, mentre per la tecnologia che permetta di riconoscere i “falsi positivi” ci sarebbero da stanziare 78 milioni di dollari annui.
“Reidirizzare e rielaborare il sistema è un primo passo avanti, ma il governo ha zero piani per migliorare la situazione in questo senso” ha detto Sulemaan. “La mia domanda è: il governo considera appropriato continuare a rischiare la sicurezza nazionale e a violare i diritti di innocenti cittadini canadesi?”.