Se vi capita di passare da Firenze sappiate che le fioriere sono sacre, intoccabili. Vi sentite male e per sbaglio ne danneggiate una? Peggio per voi, la fioriera non si tocca. A scanso di equivoci, non è una barzelletta ma una storia tragica che mescola irresponsabilità, meschinità e totale assenza di proporzione dei fenomeni.
Il 5 marzo a Firenze è successo un fatto gravissimo. Un uomo è stato ucciso per strada senza un motivo, con sei colpi di pistola. Un pensionato italiano pieno di debiti, Roberto Pirroni, esce di casa per suicidarsi, poi cambia idea, e uccide – a suo dire – la prima persona che incontra, Idy Diene, cittadino senegalese. Motivo del gesto, almeno secondo le dichiarazioni dell’uomo, la volontà di finire i suoi giorni in carcere non avendo trovato il coraggio di suicidarsi.
Nel corso della giornata si è poi capito che Idy Diene non è stata esattamente la prima persona incontrata per strada dal pensionato, perché l’omicida avrebbe graziato una famiglia che stava incrociando il suo stesso percorso, ma evidentemente l’uomo di colore non deve avergli trasmesso la stessa pietas e ha premuto il grilletto. Per 6 volte.
Appena la notizia ha cominciato a circolare tra la comunità senegalese fiorentina e toscana, – Idy Diene abitava a Pontedera e come tanti suoi connazionali faceva il venditore ambulante a Firenze – le reazioni sono state comprensibilmente piene di dolore, stupore e rabbia. Scendono in strada chiedendo un incontro in questura «per avere chiarimenti sulla morte» e un altro con il sindaco Dario Nardella.
Il ricordo di tutti è andato subito ai tragici omicidi di sette anni fa, sempre a Firenze, quando in piazza Dalmazia l’estremista di destra, Gianluca Casseri uccise due senegalesi, Samb Modou e Diop Mor, e un terzo è rimasto paralizzato a vita.
Il 6 marzo la Procura di Firenze fa sapere che non si tratta di un gesto a sfondo razzista non avendo trovato in casa, e nei profili social, di Pirroni alcun elemento che farebbe pensare ad un suo collegamento con gli ambienti dell’estrema destra.
I dubbi rimangono, e i senegalesi che si sono riuniti in presidio sul luogo della sparatoria, sul Ponte Vespucci, sono sempre meno convinti che sia stato solo un caso. Una signora senegalese, all’ennesima domanda dei giornalisti se si tratta di episodio razzista oppure no, si chiede a sua volta: «Al caso non ci credo, e perché ha sparato proprio ad una faccia nera? Più che un omicidio razzista mi sembra un omicidio politico. Tutta la campagna elettorale si è basata sui migranti».
Pape Diaw, storico portavoce della comunità senegalese fiorentina, ribadisce: «Si respira un clima di odio e repulsione già da molto tempo. Questa campagna elettorale incentrata quasi esclusivamente sui migranti non ha fatto altro che peggiorare le cose».
Al presidio si sono verificati momenti di tensione, un ragazzo ha accusato un lieve malore, e le persone presenti, tanti senegalesi e qualche fiorentino, hanno provato a dare vita ad una manifestazione sui Lungarni, subito stoppata dalle forze dell’ordine in quanto non autorizzata. A pochi minuti dall’inizio della manifestazione, si è presentato anche il sindaco Nardella costretto poi ad allontanarsi perché contestato, al grido di “Via, via razzista”, sia dai cittadini senegalesi sia da italiani delle formazioni di sinistra e dei centri sociali.
Insomma, c’è stata tensione ma neanche troppa. Niente in confronto a lunedì 5 sera, quando la comunità senegalese è arrivata in piazza della Signoria per chiedere un colloquio con Nardella e di fronte al suo rifiuto (alla fine ha incontrato una delegazione), si è riversata sulle strade limitrofe prendendo a calci le fioriere antiterrorismo poste nelle vie centrali della città.
Ed è questo lo snodo della brutta pagina vissuta ieri a Firenze, e che è all’origine della contestazione che il 6 marzo ha preso di mira il sindaco (sarebbe il più amato d’Italia, secondo l’ultima rilevazione di Index research): lunedì pomeriggio, poche ore dopo l’omicidio di Idy Diene, ha tuonato contro la violenza, equiparando quella insensata contro un uomo inerme ai danni provocati a delle fioriere. Ecco il twit apparso sulla pagina ufficiale del primo cittadino:«Stamani è successo un fatto molto grave. L’omicidio su ponte Vespucci di Idy Dienec per mano di uno squilibrato, ora agli arresti, ha colpito tutta la città. La Procura ha chiarito che non si tratta di un gesto a sfondo razzista. Comprendiamo il dolore dei familiari e della comunità senegalese, ma la protesta violenta di questa sera nel centro della città è assolutamente inaccettabile. E sia chiaro che i violenti, di qualsiasi provenienza, non meritano giustificazioni. Vanno affidati alle forze dell’ordine e alla legge».
Nardella purtroppo non è nuovo ad uscite poco felici su episodi gravi successi in città. A settembre 2017, quando due studentesse americane accusarono due carabinieri di stupro, scrisse: «È importante che gli studenti americani imparino, anche con l’aiuto delle università e delle nostre istituzioni, che Firenze non è la città dello sballo. È una città vivace, accogliente, plurale, ricca di opportunità culturali e di svago, ma credo che dal punto di vista delle regole e del buon comportamento non abbia niente di diverso da tante città americane. Questo ovviamente al netto del gravissimo episodio di cui stiamo parlando, perché il fatto ha riacceso i riflettori anche sul modo con cui i giovani studenti stranieri vivono la nostra città. Mi piacerebbe che fossero più integrati nella vita culturale e collettiva, e non considerassero Firenze soltanto una Disneyland dello sballo». Che è come dire che le due ragazze se la sono cercata.
Ma c’è comunque una buona notizia: ora che Matteo Renzi è solo«un semplice senatore» e quindi non avrà più bisogno dello storico portavoce di Palazzo Vecchio, Marco Agnoletti, poi volato a Roma, potrà richiamare quest’ultimo a Firenze e farsi consigliare prima di scrivere di suo pugno qualsiasi dichiarazione.
Rimane il dolore per la morte inspiegabile di un uomo che, tragedia nella tragedia, era cugino di Samb Modou, ucciso da Casseri 7 anni anni fa in Piazza Dalmazia, e del quale aveva adottato la figlia rimasta in Senegal.
A fine giornata grande parte della comunità senegalese ha avanzato una proposta importante: una raccolta fondi sia a sostegno della famiglia di Idy Diene sia per ripagare le famose fioriere distrutte durante la protesta. Ancora non è confermata, ma l’intenzione come precisa Pape Diaw «c’è tutta, e faremo come al solito del nostro meglio per dimostrare tutta la nostra buona volontà».