Human rights watch e Amnesty international hanno lanciato l’allarme sulle nomine di Donald Trump di Mike Pompeo a segretario di Stato e di Gina Haspel a capo della Cia, rese note dal presidente americano il 13 marzo. «Sia Mike Pompeo che Gina Haspel, hanno un preoccupante curriculum in tema di diritti umani, il Senato dovrebbe effettuare una seria valutazione prima di confermare la loro nomina» ha dichiarato la direttrice generale di Amnesty international Usa, Margaret Huang.
«Prima di accettare la nomina, Pompeo e Haspel avrebbero dovuto dissociarsi da loro precedenti dichiarazioni e azioni in favore di condotte illegali: la tortura, le rendition e la detenzione a tempo indeterminato sono inaccettabili e non possono mai essere tollerate in nome della sicurezza nazionale», ha detto Margaret Huang che ha messo in evidenza come il dipartimento di Stato abbia «la responsabilità di proteggere le persone in fuga da violenze orribili e persecuzione e di chiedere agli altri governi di garantire la tutela dei diritti umani». Non si possono affidare questioni così delicate, continua la direttrice generale di Amnesty, a «chi, come Pompeo e Haspel, in passato ha mostrato così tanto disprezzo per i diritti umani».
Anche Human rights watch si è unita ad Amnesty international Usa: «Siamo seriamente preoccupati da queste nomine. Sia Pompeo che Haspel in passato hanno espresso un’opinione positiva sull’uso della tortura, e la loro promozione a posizioni di rilievo internazionale potrebbe allargare l’uso di pratiche lesive dei diritti umani. Questo dovrebbe convincere il Senato a rigettare entrambe le nomine». A dirlo è Sarah Margon, direttrice dell’ufficio di Washington.
Ecco un breve profilo dei due personaggi che destano un così grande allarme.
La carriera di Pompeo nulla ha a che fare con la diplomazia: termina la scuola militare di West point nel 1986 e il suo primo incarico è in una pattuglia americana lungo il muro di Berlino. Partecipa poi alla prima guerra del Golfo, alla fine della quale lascia l’esercito. Una laurea in giurisprudenza e poi entra nel mondo degli affari. Il 2010 per Pompeo è l’anno della svolta politica: viene eletto rappresentante del Kansas al Parlamento, grazie anche al sostegno economico della Nra, la lobby delle armi americana. Durante la sua carriera politica si costruisce la fama di ultraconservatore, vicino al movimento Tea party.
Resterà in parlamento fino al 2017, anno in cui Donald Trump lo nomina capo della Cia. La sua nomina a segretario di Stato non stupisce. Al contrario del suo predecessore, Pompeo ha sempre criticato l’accordo sul nucleare iraniano firmato dall’ex presidente Barack Obama. «Non vedo l’ora di cancellare questo disastroso accordo con il maggior finanziatore del terrorismo al mondo», aveva detto, come riporta l’Huffington Post, il 30 novembre 2017. Non solo l’accordo con l’Iran, ma quasi tutta l’azione politica dell’ex presidente è stata criticata dal neo segretario di stato. Pompeo si è infatti opposto alla chiusura di Guantanamo e di altri campi di prigionia segreti, nonché alla esplicita richiesta di Obama che durante gli interrogatori non venisse fatto uso di tortura. Addirittura Pompeo era arrivato a definire dei «patrioti» i torturatori di Abu Ghraib, riporta Repubblica del 13 marzo. In un tweet, Pompeo è arrivato a definire Obama un «malvagio musulmano comunista».
Pompeo ha espresso opinioni controverse anche sulla Nsa, l’agenzia che assieme alla Cia e l’Fbi si occupa della sicurezza nazionale, sostenendo che andrebbero rese meno stringenti le leggi che regolano la possibilità di violare la privacy dei cittadini americani, quando si conducono indagini antiterrorismo, scrive il Washington Post il 3 gennaio 2016.
Dalle parole sulla tortura di Pompeo all’attività di Gina Haspel, personaggio ancora più controverso. Haspel è entrata a far parte della Cia nel 1985 e da allora ha sempre ricoperto ruoli importanti. La sua carriera è però andata di pari passo con le violazioni dei diritti umani, almeno secondo le denunce delle organizzazioni. Nel 2002, la nuova direttrice della Cia sarebbe stata «direttamente coinvolta nelle torture» di Abu Zubaydah, stando al resoconto di un articolo del Washington Post del 7 maggio 2013. Abu Zubaydah era detenuto in un campo di prigionia in Thailandia dal nome in codice “Occhio di gatto”. Secondo documenti della Cia desecretati, Zubaydah avrebbe subito il “waterboarding”, una tecnica di tortura che può provocare la morte per annegamento, ben 83 volte in un solo mese. Zubaydah ha subito altre torture ed è stato sottoposto a continue violenze fisiche che gli hanno procurato la perdita dell’uso dell’occhio sinistro. Oltre ai documenti desecretati, il New York Times aveva rivelato che esistevano delle videocassette contenenti riprese delle torture subite da Zubaydah, ma che queste sono state distrutte «per evitare problemi legali agli agenti coinvolti».
L’allarme lanciato adesso dalle organizzazioni per i diritti umani, ad ogni modo, non è nuovo. Già nel dicembre 2016 Amnesty international Usa e un gruppo di altre associazioni avevano diffuso un documento congiunto relativo ai principi da seguire nella nomina di persone a cariche statali, tra i quali il rispetto degli obblighi in materia di diritti umani. Le nomine attuali di Trump vanno in direzione contraria.