Alla fine Vladimir Putin il suo plebiscito lo ha ricevuto. I suoi spin doctors, che anelavano il “70×70” (70% di partecipazione al voto e 70% di voti per Putin), lo hanno condotto oltre alle aspettative per quanto riguarda le preferenze accordate, il 76,5%, mentre l’affluenza si è fermata al 67,5%.
I brogli e le manipolazioni del voto ci sono stati – documentati da decine di video consultabili su YouTube – ma il successo della mobilitazione al voto del presidente russo è comunque innegabile. Poi biglietti gratis per concerti, sconti in negozi per chi si fosse mobilitato a votare sin dai dalle prime ore del mattino, sono stati la regola un po’ in tutto il Paese, come da prassi.
La campagna per il boicottaggio al voto, sia del populista Alexey Navalny, sia delle organizzazioni di sinistra, ha avuto ben poca presa. Il relativo successo – oltre il 13% – del candidato del Partito comunista Pavel Grudinin (che senza le violazioni del voto avrebbe potuto raggiungere il 20%) dimostrano tuttavia quanto sia ampio lo scontento nel Paese. L’opposizione liberal di Xenia Sobcak, tutta incentrata sulle questione delle donne e dei diritti dei gay, per quanto coraggiosa, ha lasciato da parte le ingiustizie sociali fondamentali che il Paese vive. E altri piccoli dettagli come la messa fuorilegge dei sindacati indipendenti, la censura cinematografica e teatrale, l’intimidazione verso qualsiasi forma di opposizione politica, la mancanza di rispetto dei diritti dei cittadini in generale, sono rimasti nell’ombra.
In mancanza di una alternativa credibile, molti elettori hanno preferito Putin, “l’usato sicuro”.
Putin ha fatto molte promesse esorbitanti in campagna elettorale. Riduzione della povertà, aumento degli asili nido e dell’aspettativa di vita a 80 anni, costruzione di edilizia “popolare”, crescita economica al 3,8% nei prossimi anni. Chi conosce il suo caro amico italiano, sa quanto queste promesse potranno essere mantenute, a meno che il prezzo del petrolio esploda sul mercato mondiale. E infine ha garantito che la Russia non si farà umiliare su scala internazionale. Un richiamo patriottico che fa sempre il suo effetto sui russi.
Dopo il 18 marzo la Russia resta nel guado e chiusa su se stessa: eterno dilemma di un Paese a cavallo tra Europa e Asia.
Buongiorno Mosca,
Storie, vicende e riflessioni dalla Russia
[email protected]