Il commento di Matteo Fago è tratto da Left in edicola
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[su_divider text=" " style="dotted" divider_color="#d3cfcf"]È di pochi giorni fa lo scandalo di Cambridge Analytica, la società britannica specializzata nella costruzione di campagne mediatiche allo scopo di ottenere consensi ed elezioni in maniera “scorretta”. Uso le virgolette perché è ormai evidente che Cambridge Analytica non fa altro che usare consolidate tecniche di marketing alla politica. Sono tecniche e trucchi che vengono usati normalmente nella comunicazione pubblicitaria per convincere il pubblico di aver bisogno di questo o di quel prodotto. La novità in questo caso sta nel aver avuto accesso a 50 milioni di profili facebook e tramite di essi aver potuto creare una campagna perfettamente in linea con quello che il pubblico si aspettava. Perché il cuore della pubblicità, in qualunque settore, sta nello scrivere e raccontare in un certo modo, suscitando emozioni più forti possibili nel pubblico, allo scopo di catturarlo e convincerlo a fare qualcosa per risolvere il proprio stato emozionale. L’esito dell’attività di marketing commerciale è l’acquisto del prodotto. L’esito dell’attività di marketing politico è il voto. Channel 4 ha pubblicato un video ripreso di nascosto in cui uno dei dirigenti di Cambridge Analytica spiega: «I fatti in politica non contano. Contano le emozioni». Che è esattamente la regola fondamentale del marketing. Non conta il prodotto, contano l’esperienza e le implicazioni emozionali che quel prodotto può determinare in chi lo compra.
Il marketing non è altro che una comunicazione persuasiva il cui scopo è convincere chi la subisce a pensare di avere un problema e a volerlo risolvere tramite un acquisto. In questo caso tramite un voto. Che cosa è effettivamente il prodotto e, in questo caso, cosa quel politico farà effettivamente, conta molto poco. E a ben pensarci tutti gli slogan più di successo dei politici sono prima di tutto emozionali. Il prodotto, le cose da fare in concreto, non esistono. I programmi hanno sempre scarsissima importanza in una competizione elettorale. Contano gli slogan e i candidati con la loro storia. “Yes we can” era lo slogan di Obama. Che ha un senso di riscatto rispetto ad un impotenza del cittadino comune verso le ingiustizie. E anche un senso di riscatto verso una politica che alla fine viene percepita sempre come dedicata ad avvantaggiare pochi a scapito di molti. “America first” era lo slogan di Trump. E in fondo aveva esattamente lo stesso senso dello slogan obamiano ma con un’accezione più patriottica e di contrasto alle politiche inclusive di Obama.
Altra specialità di Cambridge Analytica è quella di saper costruire una comunicazione efficace inventando storie e “scrivendo” in maniera opportuna. È il meccanismo delle cosiddette fake news, che per essere efficaci si basano su tecniche di scrittura particolari. Infatti una bufala di per sé non vale nulla se non viene impacchettata a dovere. Per esempio far dire quello che vogliamo dire a persone presentate come esperti ma che in realtà non lo sono, oppure l’uso di numeri che servono non per spiegare ma per convincere dell’oggettività di qualcosa che magari è completamente inventato. «È un sabotaggio della democrazia» dice giustamente Channel 4 nel suo servizio su Cambridge Analytica. Come fare per opporsi a questa comunicazione subdola, il più delle volte completamente invisibile, in particolare a chi la subisce ? Il marketing, politico o economico, è una disciplina empirica, che si basa sullo studio delle risposte concrete delle persone alle diverse comunicazioni cui sono sottoposte. Non cerca di comprendere perché gli esseri umani si comportano in quel certo modo. È una disciplina che studia le reazioni dell’essere umano in conseguenza di una comunicazione.
Lo scopo è fare in modo che quella reazione sia un’azione ben precisa (l’acquisto). Per quello che se ne sa, in politica, i servizi di Cambridge Analytica sono stati usati soprattutto da partiti di destra. Forse perché hanno meno scrupoli a comunicare in maniera subdola con il proprio elettorato. Forse perché è molto semplice usare la paura come leva emotiva. In questo caso la paura del diverso, dello straniero, dello sconosciuto, dell’ignoto. Oppure la rabbia. Rabbia verso chi “ruba il lavoro” o peggio “vive sulle nostre spalle”. La comunicazione fa diventare ciò che non si conosce, il “mostro”. Poi si prospetta un futuro di morte e distruzione. O perlomeno di povertà. Perché gli esseri umani, anche in condizioni di vita tutto sommato ottime, hanno paura dell’ignoto, dello sconosciuto, dello straniero, del diverso da sé ? È solo una questione del lavoro che non c’è e di competizione “con gli stranieri” ?
A pensarci bene la reazione che questa comunicazione cerca di suscitare è ben nota in psichiatria. Si chiama annullamento ed è stata scoperta da Massimo Fagioli e teorizzata nel 1971 in Istinto di morte e conoscenza (ed. L’asino d’oro). Perché sarebbe un annullamento ? Perché questo tipo di comunicazioni vogliono dire a chi le ascolta di chiudere gli occhi, di non vedere, di non sapere. Che chi è straniero viene solo per violentare le donne e rubare il lavoro agli uomini. Vogliono che i cittadini chiudano gli occhi sulla realtà e verità di altri esseri umani che sono uguali a noi. La sinistra se vuole esistere deve comprendere questa dinamica fondamentale. Perché permette di vedere chi vuole accecare ed impedire che ciò accada. Permette di opporsi alla destra che è conservatrice nel senso che non vuole che si aprano gli occhi sul diverso da sé. Poi, la sinistra, dovrà cercare le emozioni belle che saranno necessarie per raccontare di una possibilità di vita diversa, in una società diversa. In cui chiunque saprà dire a chi vuole indurgli paura per fargli chiudere gli occhi: “No, io non ho paura”.