È Yom al Ard. Il “Giorno della terra”, la “Grande marcia del ritorno” che si tinge però di rosso. Sale a 5 infatti il bilancio dei manifestanti palestinesi morti negli scontri con l’esercito israeliano lungo il confine, mentre i feriti sono oltre 300. Secondo una nota dell’Ansa lo ha detto il ministero della sanità di Gaza, citato dall’agenzia palestinese Maan. Una tra le ultime vittime era stata ferita questa mattina nei primi scontri ed è deceduta in ospedale. L’esercito israeliano ha calcolato in circa 17mila i manifestanti che “stanno lanciando bombe incendiare e sassi”.
Ogni 30 marzo in Palestina scocca il mese del diritto al ritorno. Sui calendari palestinesi – in West Bank, Gaza, su quelli degli arabi in Israele – la data è cerchiata di rosso. Le proteste termineranno solo tra sei settimane. Migliaia di persone sono al confine israeliano con le loro tende, tra loro donne e bambini. Dall’altro lato della recinzione, cento cecchini dell’esercito israeliano, schierati con il cordone di sicurezza dei militari.
Era il 30 marzo 1976. Israele ordinò la confisca della terra che apparteneva ai cittadini palestinesi: duemila ettari di terreni vennero requisiti e ribellioni divamparono da Deir Hanna a Arrabeh, Galilea; sei arabi furono uccisi dalle forze di sicurezza, a decine rimasero feriti.
Palestina, don’t go. Non avvicinarti. Gli israeliani le chiamano “no-go zone”, sono i punti sensibili adiacenti al border conteso. Gadi Eizenkot, capo di Stato maggiore dell’esercito israeliano, aveva detto che i militari «non permetteranno infiltrazioni di massa, o saranno tollerati i danneggiamenti della barriera al confine. Se ci sono vite a rischio, i soldati hanno il permesso di aprire il fuoco».
Il ministro della difesa Avigdor Lieberman, sempre secondo l’Ansa, ha avvisato in arabo, sul suo profilo Twitter, che «ogni palestinese che da Gaza si avvicina alla barriera di sicurezza con Israele metterà la propria vita a rischio». L’avviso si riferisce alla situazione di tensione in corso alla frontiera con Gaza.
Nei giorni precedenti alla Grande marcia era scattato l’allarme tra le organizzazioni che tutelano i diritti umani. Amnesty International ha fatto appello alla polizia e alle istituzioni: «le autorità dovrebbero astenersi dall’usare forza letale contro i manifestanti. I report dell’esercito israeliano che minacciano di aprire il fuoco contro chiunque provi a varcare il confine sono incredibilmente allarmanti. Per la legge internazionale le armi da fuoco possono essere usate solo per proteggersi da minaccia imminente di morte» ha detto Philip Luther, divisione Amnesty Medio Oriente e Nord Africa. «L’esercito può ricorrere alla forza solo per scopi legittimi, la forza letale non può essere usata contro manifestanti pacifici».
Dal 30 marzo al 15 maggio. Sono già pianificate le manifestazioni di piazza del prossimo 14 maggio, quando verrà inaugurata la nuova ambasciata Usa nella città divisa, Gerusalemme. L’apertura della sede diplomatica coinciderà con il 70esimo anniversario della fondazione dello Stato d’Israele, avvenuta il 14 maggio 1948. Il giorno dopo, terminerà la primavera della battaglia palestinese. Il 15 maggio infatti è il “Giorno della Catastrofe”, della Naqba, dichiarato dai palestinesi dopo la grande cacciata, quando in 700mila furono espulsi per sempre da case, villaggi, città. Era lo stesso anno: 1948, stessa terra contesa oggi, 2018.