Molti osservatori, negli ultimi giorni, si sono giustamente arrovellati per capire quale sia la strategia di Putin in Siria. Ma nessuno si è chiesto cosa pensino i russi dell’intervento dell’Armata Rossa in quel Paese. Se si dovesse valutare in relazione alle chiacchiere della gente nei bar o sulla base delle confidenze dei taxisti non ci sarebbe dubbio: “bring back our boys” (“portiamo a casa i nostri ragazzi” come rivendicavano i pacifisti americani durante la guerra del Vietnam) è l’opinione generalizzata. Domenica scorsa nelle grandi manifestazioni popolari nella provincia di Mosca contro l’inquinamento e i depositi di immondizia a cielo aperto (su cui torneremo) sono circolati manifesti polemici in cui è ritratto un bambino russo che si chiede retoricamente: “Aiutiamo i bambini siriani… e io chi sono?!”
I mass-media russi hanno sempre diffuso con timidezza i sondaggi d’opinione sull’intervento russo in Siria. Nell’ultima rilevazione dell’autorevole agenzia “Levada” di Mosca dell’agosto 2017 è emerso che il 49% degli intervistati è per il ritiro delle truppe, il 30% per la prosecuzione dell’intervento mentre il 21% non prendeva posizione. Una maggioranza isolazionista che la dice lunga sugli umori della popolazione, in un Paese dove i telegiornali sono controllati ferreamente dal governo e dove l’opinione pubblica è largamente anti-americana.
La linea di faglia contro l’ intervento si è sicuramente allargata negli ultimi mesi, se anche – sempre meno timidamente – giornali e deputati della Duma mostrano sempre più perplessità. Forse Putin dovrebbe iniziare ad ascoltare di più i propri cittadini che preferirebbero “meno cannoni e più burro”.
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