Pentirsi dall’interno di un’organizzazione criminale è sempre un passo difficile. Pentirsi in ambienti ‘ndranghetistici è ancora più complicato per i rapporti di sangue che spesso intercorrono all’interno del clan e che “pesano” nel trasformare un pentimento in un tradimento, ed è comodissimo per i boss.
A Catanzaro c’è una donna che da qualche tempo sta raccontando tutto quello che sa sui rapporti criminali che stanno dietro alla maxi rapina al caveau della Sicurtransport (8,5 milioni di euro il bottino totale) che il 4 dicembre 2016 una banda foggiana ha messo a segno con la collaborazione delle ‘ndrine (attraverso un uomo della cosca degli Arena).
Una rapina da film: auto e furgoni incendiati per bloccare il passaggio e isolare la zona, quindici persone armate con strumenti ad alta tecnologia, una ruspa con martello pneumatico per sfondare il caveu, un dispositivo inibitore di frequenze per impedire qualsiasi possibilità di conversazioni telefoniche.
Anna Cerminara era la compagna di Giovanni Passalacqua (una delle menti del colpo) e di fronte ai magistrati ha raccontato tutti i particolari dell’azione, della sua preparazione, tutti i nomi e i cognomi. Nonostante le pressioni del suo ex compagno dopo che lei ha deciso di entrare nel programma di protezione testimoni e nonostante le continue minacce rivolte anche al figlio Anna ha proseguito il suo percorso di collaborazione con i magistrati della DIA di Catanzaro. Era entrata nel programma di protezione ma poi la paura aveva preso il sopravvento: “O ci pensi tu, o ci pensiamo noi” dicevano a Passalacqua pretendendo che lei dicesse tutto quello che aveva raccontato alla Polizia. Poi Anna ha ritrovato le forze per chiedere aiuto e protezione allo Stato. E ha detto tutto.
E a me sembra una storia che infonde speranza, in questo lunedì.