Nel repertorio delle parole usate a vanvera nel 21esimo secolo, un posto di rilievo spetta a “radici”: le radici che ciascuno avrebbe in un posto (e un posto solo) e da cui deriverebbero diritti diversi, più ridotti o addirittura inesistenti per chi da quel posto avesse avuto la cattiva idea di allontanarsi, migrando. Eppure basta abbassare gli occhi: là sotto non abbiamo radici, ma gambe: con le quali, come noto, si va in giro. Siamo sempre stati molto mobili noi umani, a partire più o meno da sei milioni di anni fa, quando i nostri antenati sono scesi dagli alberi, segnando un distacco netto con gli altri primati, cioè le altre scimmie.
La stazione eretta, lo sviluppo del cervello e tanti prodotti della sua attività fra cui il linguaggio, sono conseguenze di questa prima migrazione, in senso verticale. Ci sono 250 specie di primati, e siamo gli unici che per camminare si servono solo degli arti inferiori, che negli altri sono semplicemente posteriori. In questo modo gli arti superiori, braccia e mani, liberi da impegni per la locomozione, hanno cominciato a fare altre cose, ad afferrare oggetti, e poi a farne utensili. La nostra genealogia comprende creature parecchio diverse da noi; definire il momento esatto in cui siamo diventati propriamente umani è difficile, forse impossibile. Si comincia a parlare del genere Homo quando troviamo le prove archeologiche che qualcuno sapeva fare una cosa che neanche lo scimpanzé più intelligente è mai riuscito a fare: servirsi di un attrezzo per costruire un altro attrezzo. È successo poco meno di due milioni e mezzo di anni fa; la creatura che scheggiava sassi con altri sassi in modo da produrre attrezzi appuntiti o taglienti è stata battezzata Homo habilis.
Tante altre migrazioni sono seguite, in senso orizzontale nello spazio geografico, documentate nei fossili, nei reperti archeologici e nel Dna. Per quattro milioni di anni i nostri antenati, prima australopiteci, poi membri del genere Homo, sono…
Il genetista dell’Università di Ferrara Guido Barbujani, interviene al festival èStoria di Gorizia il 19 maggio, ore 17