Si è aperto un interessante dibattito sul lavoro domenicale, domenica sì e domenica no, conservatori che ripropongono le domeniche che passavano da bambini come se non fossero passati gli ultimi quarant’anni con tutti i quarant’anni di trasformazioni economiche e sociali, liberisti sfrenati che si inalberano ogni volta che si mette in discussione la politica del lasciare andare, lasciare decidere al mercato come se la politica debba essere solo la cameriera dell’economia e quelli che fanno parecchia confusione prendendo la propria vita come paradigma totale: se fanno la spesa la domenica pretendono di trovare tutto aperto, nessuna discussione, se hanno un figlio o una madre che invece vorrebbero a casa con loro allora augurano fallimento a tutti gli esercizi commerciali domenicali. E così il dibattito, al solito, diventa scontro. Qualcuno sommessamente prova a fare notare che il problema non è la domenica ma le regole e la dignità, inascoltato.
Se c’è comunque un lavoro della domenica da cancellare comincerei con il convocare al ministero Alessandra De Sole. Alessandra ha 43 anni e per 45 giorni ha lavorato in un residence a Grosseto. Facciamo una settimana di prova, massimo dieci giorni, le avevano assicurato, e invece come spesso succede alla fine i giorni sono stati 45, come al solito stirati dalla promessa ripetuta e addirittura dal simulato interesse di chiederle i documenti utili per l’assunzione. Quando ha capito che di lavoro non ce n’era ma si trattava del solito lavoretto sottopagato, al limite dello sfruttamento, che di questi tempi alcuni addirittura vorrebbero fare apparire come un privilegio, alla fine ha deciso di andarsene chiedendo ovviamente il suo compenso: 450 euro. Per 45 giorni. 10 euro al giorno. Ovviamente in nero. Il nero di cui avere paura e occuparsi davvero.
«Con me, in nero, c’erano altri dipendenti – spiega intervistata da Il Tirreno -. Una ragazza moldava che lavorava come cameriera ed era pagata appena 250 euro ma non diceva niente perché aveva paura di perdere il posto. Poi un pizzaiolo e una ragazza che aiutava le camere. Tutti irregolari». Decide di denunciare. Con lei denuncia anche una lavoratrice rumena. Tutto il personale era irregolare, clandestino (forse così lo capite meglio). Una donna delle pulizie era stata nascosta dentro un armadio, per dire.
Ecco, forse al ministero qualcuno potrebbe spiegare a Alessandra che il problema del lavoro, qui dalle nostre parti, è che continua ad essere un privilegio che viene concesso in cambio del proprio sfruttamento e i padroni vorrebbero anche della gratitudine indietro. O forse potrebbe spiegarlo Alessandra, proprio lei, meglio di molti altri. E sarebbe utile per riportare nei giusti binari il chiasso di questi giorni: che poi i binari sono i diritti. Sempre quelli. Sempre loro.
Buon giovedì.