È popolare e populista papa Francesco: fiuta l’aria e affonda con il tempismo dei migliori centometristi. Se è tempo di crisi non gli manca una carezza ai lavoratori in difficoltà, se è tempo di modernità non disdegna un “buonasera” in favore di telecamere e ora che è tempo di integralismo di ritorno (con buone dosi di patriarcato, omofobia e maschilismo) ha appoggiato una bella frasetta contro l’aborto con la delicatezza di appellare come sicari i (troppi pochi) medici che se ne occupano seguendo il proprio giuramento professionale e le leggi del proprio Stato. Però, diciamocelo, il Papa fa il Papa, niente di più e niente di meno, e sarebbe il caso che se ne rendano conto anche quelli a sinistra che alla perenne ricerca del leader si sono fatti abbindolare dal capo della Chiesa scambiandolo per Che Guevara.
Stupisce piuttosto che da destra (questa destra che da decenni si diverte a canzonare le macerie di sinistra ma rimane senza ombra di dubbio la peggior destra della storia repubblicana) improvvisamente Bergoglio torni ad essere sventolato come certificazione delle proprie idee, manco fosse il marchio doc di ciò che è giusto o sbagliato in un Paese con un tale catafascio di leggi, commissioni, discussioni parlamentari che sarebbero lì a decidere proprio di questo: diventiamo laici se il Papa chiede di accogliere i migranti e poi di colpo tutti clericali (ché la Chiesa è roba diversa dalla fede) se il Pontefice sibila una frasetta che ci può tornare utile.
Quelli che dovrebbero evitare gli aborti migliorando le condizioni sociali, lavorative ed economiche delle donne, impegnandosi in una seria campagna sulla contraccezione, fortificando e tutelando le donne e i medici che se ne prendono cura, si aggrappano come scimmie ululanti alla dichiarazione di Bergoglio: fanno i cattolici a singhiozzo proponendoci un parere come dogma e se ne fottono della laicità dello Stato sancita dalla Costituzione.
Sorgono allora un paio di domande, tanto per uscire dalle solite scontate tifoserie: non vale forse la pena di sottolineare l’infame tempismo di una dichiarazione del genere proprio nei giorni in cui a Verona succede quel che sta succedendo e il senatore Pillon sta provando a trasformare una dottrina in legge? E poi: per quanto tempo ancora si insisterà nell’accettare lezioni di maternità e sessualità dal cultore di un libro in cui partorisce una vergine e un serpente decide le sorti del mondo?
Ma soprattutto: se dobbiamo fregarcene fieramente dello spread perché dovremmo strapparci i capelli per il Papa? Chi l’ha eletto, il Papa?
Buon giovedì.