Il primo dicembre a Roma e Milano, le manifestazioni in nome del diritto all'accoglienza, alla casa e allo studio

Il dl Salvini è stato approvato alla Camera dei deputati, la sera del 27 novembre, col voto di fiducia e senza alcun dissenso da parte del M5s. Addirittura il relatore alla camera, presidente della Commissione Affari Costituzionali è stato lo stesso che aveva espresso pubblicamente critiche tanto al contenuto quanto alla tempistica di un testo destinato a stravolgere la vita sociale e democratica non solo di migranti e richiedenti asilo. Sono ottanta pagine, in gran parte impugnabili per eccezioni di costituzionalità, con cui si vanno a limitare le forme di protezione, si disincentiva la buona accoglienza e l’inclusione sociale, si contrastano le forme di opposizione e dissenso rendendo anche i blocchi stradali o l’occupazione di edifici reati gravi e si combatte non la povertà, come aveva promesso il “governo del cambiamento” ma i poveri, istituzionalizzando la punizione dell’accattonaggio molesto, considerando la vita in miseria forma di degrado e non questione sociale. E se la sera stessa delle votazioni finali, sotto il parlamento, occupanti di case, attivisti, studenti, settori di società non anestetizzata sono riusciti ad improvvisare anche un corteo di protesta, le mobilitazioni continuano.

Sabato 1 dicembre, alle 14, partirà da P.zza della Repubblica, a Roma, un corteo che non è “soltanto” contro le nuove leggi razziali. Il percorso “sei una di noi / uno di noi”, nato agli inizi dell’autunno, si pone infatti l’obiettivo di portare a Roma, in piazza, problematiche fra loro legate e, insieme, i soggetti che ne sono protagonisti o vittime. Il diritto all’abitare, ad una buona politica della accoglienza, il contrasto alle mafie e alla zona grigia che governa la città, il bisogno di vedere esigibili quei diritti che garantiscono sicurezza sociale, saranno al centro di questa mobilitazione indetta da uomini e donne a partire dalla propria condizione individuale, ma in cui troveranno posto forze sociali, associazioni impegnate nei diversi settori, occupanti di case, studenti, forze politiche. Si vedranno, negli auspici di chi ci ha lavorato, i primi risultati del tentativo di coinvolgere, attraverso iniziative tematiche, i territori diversi della città, i diversi ambiti di attivismo civico e democratico, le vertenze che faticano a trovare un punto di incontro nella capitale.

Più o meno in contemporanea, partirà da Milano un altro corteo, organizzato su dimensione regionale che partirà da Piazza Piola per dirigersi verso il centro di accoglienza di Via Corelli, destinato a ritornare in tempi brevi a diventare Cpr (Centro permanente per i rimpatri) ovvero la nuova denominazione (ideata da Minniti), dei Cie, ovvero centri di detenzione per migranti in cui si potrà restare rinchiusi fino a sei mesi, senza aver commesso reato, in attesa di essere rimpatriati. Il corteo, indetto da una numerosa rete di realtà unite attorno allo slogan No Cpr, No Decreto Salvini è frutto di un lungo e certosino lavoro di preparazione attorno alle disposizioni che diventeranno presto legge dello Stato. I promotori sono consapevoli della necessità di fornire informazioni reali e concrete sui danni micidiali che la sua applicazione potrà produrre oggi soprattutto sulla vita di uomini e donne migranti, in tempi brevissimi su chiunque dimostri di essere espressione di dissenso non compatibile o i “colpevoli di povertà”. Cercando fra le 80 pagine prodotte da persone che hanno bellamente saltato negli studi di giurisprudenza ogni esame di diritto costituzionale, si legge chiaramente infatti l’impianto ideologico che è proprio del testo. Gettare le basi per uno Stato fortemente autoritario, in cui la mendicità, il blocco stradale, l’occupazione di case, diventano reati molto più gravi di quelli commessi e per cui è stato condannato in blocco il partito di riferimento del ministro che rivendica tali misure.

Ricorda una canzone di De Gregori “ruba una mela e finirai in galera / ruba un palazzo e ti faranno re”, altro che sicurezza e retorica del “prima gli italiani”. I Cpr, la diffusione delle crudeli inutili “galere etniche” per altro richieste dall’Europa e avallate anche dall’ex ministro Minniti, rappresentano l’apice visibile di una intera politica, peraltro reiterata con maggiore o minore crudeltà negli ultimi 20 anni, utile a far ingrassare qualche finta cooperativa, a produrre lutti, a rimpatriare le persone più fragili e a creare, mediante la detenzione amministrativa, il primo fondamentale esempio di diritto differenziato che ora si espande con vere e proprie limitazioni del diritto alla difesa, rifiuto della presunzione di innocenza, sistema penale di fatto differenziato per chi non è italiano DOC. Una brutta pagina di storia contro cui le mobilitazioni sono necessarie e urgenti e contro cui bisogna necessariamente ricostruire uno spazio pubblico di discussione e di azione concordata capace di espandersi, di parlare nei luoghi in cui ha conquistato più spazio il pensiero razzista del governo giallo verde. Di appuntamenti in preparazione ce ne sono ancora prima delle feste, dalla manifestazione “Get Up”, Stand Up” indetta dall’Usb a Roma per il 15 dicembre all’assemblea che si terrà sempre a Roma il giorno dopo per riprendere il percorso iniziato con la manifestazione del 10 novembre di #Indivisibili. Il decreto è diventato legge ma gli spazi e le esperienze per disobbedire vanno praticati in ogni modo.