Nemmeno il caldo umido e soffocante di Hong Kong ha impedito a circa un milione di persone (secondo le stime degli organizzatori) di scendere in strada il 9 giugno per protestare contro una legge che prevede l'estradizione forzata in Cina, a Taiwan e a Macau per i sospettati di crimini come stupro o omicidio. La norma voluta da Pechino dovrebbe essere approvata mercoledì prossimo dall'esecutivo della ex colonia britannica.
Persone di ogni strato sociale - dagli avvocati agli uomini d'affari, dagli studenti, ai gruppi religiosi e alle figure pro-democrazia - hanno partecipato a quella che sembra essere stata la più grande marcia degli ultimi 20 anni, addirittura più imponente del Movimento degli Ombrelli del 2014, quando centinaia di migliaia di manifestanti reclamavano un sistema politico più democratico.
Chi critica la bozza teme che l'indipendenza giudiziaria di Hong Kong sarà minata dall'influenza del poco trasparente sistema di giustizia cinese, politicamente condizionato e rinomato per le detenzioni illecite, i processi arbitrari, e le torture. Tuttavia, il maggiore sostenitore dell'emendamento è proprio la governatrice, Carrie Lam, che aveva spinto per la sua approvazione prima di luglio.
Dopo la marcia, ci sono stati scontri tra i protestanti che hanno tentato di irrompere nel complesso del Parlamento e la polizia: alle bottiglie incendiarie e alle barricate dei primi hanno risposto le manganellate e gli spray urticanti dei secondi. Per rassicurare i cittadini, il governo ha stabilito che alla Corte di Hong Kong sarà lasciata l'ultima parola sulla concessione delle estradizioni. Saranno consegnati solo i fuggitivi colpevoli di reati con una sentenza di almeno sette anni, mentre i sospettati di crimini politici o religiosi non saranno estradati.
Il governo ha annunciato che andrà avanti con l'approvazione della nuova legge, malgrado la manifestazione. Secondo quanto riportato dall'Ansa, Carrie Lam ha detto che «la nuova normativa aiuterà a difendere la giustizia e a onorare gli obblighi internazionali di Hong Kong».
Nemmeno il caldo umido e soffocante di Hong Kong ha impedito a circa un milione di persone (secondo le stime degli organizzatori) di scendere in strada il 9 giugno per protestare contro una legge che prevede l’estradizione forzata in Cina, a Taiwan e a Macau per i sospettati di crimini come stupro o omicidio. La norma voluta da Pechino dovrebbe essere approvata mercoledì prossimo dall’esecutivo della ex colonia britannica.
Persone di ogni strato sociale – dagli avvocati agli uomini d’affari, dagli studenti, ai gruppi religiosi e alle figure pro-democrazia – hanno partecipato a quella che sembra essere stata la più grande marcia degli ultimi 20 anni, addirittura più imponente del Movimento degli Ombrelli del 2014, quando centinaia di migliaia di manifestanti reclamavano un sistema politico più democratico.
Chi critica la bozza teme che l’indipendenza giudiziaria di Hong Kong sarà minata dall’influenza del poco trasparente sistema di giustizia cinese, politicamente condizionato e rinomato per le detenzioni illecite, i processi arbitrari, e le torture. Tuttavia, il maggiore sostenitore dell’emendamento è proprio la governatrice, Carrie Lam, che aveva spinto per la sua approvazione prima di luglio.
Dopo la marcia, ci sono stati scontri tra i protestanti che hanno tentato di irrompere nel complesso del Parlamento e la polizia: alle bottiglie incendiarie e alle barricate dei primi hanno risposto le manganellate e gli spray urticanti dei secondi. Per rassicurare i cittadini, il governo ha stabilito che alla Corte di Hong Kong sarà lasciata l’ultima parola sulla concessione delle estradizioni. Saranno consegnati solo i fuggitivi colpevoli di reati con una sentenza di almeno sette anni, mentre i sospettati di crimini politici o religiosi non saranno estradati.
Il governo ha annunciato che andrà avanti con l’approvazione della nuova legge, malgrado la manifestazione. Secondo quanto riportato dall’Ansa, Carrie Lam ha detto che «la nuova normativa aiuterà a difendere la giustizia e a onorare gli obblighi internazionali di Hong Kong».