No, non è politica. No. È una continua, ossessiva ricerca della giusta narrazione per non dire ciò che si fa o non fare ciò che si era detto, tutti concentrati solo nel mettere il vestito buono alle fandonie più indicibili e alle retromarce che non si vogliono spiegare.
Così da una parte accade che il Movimento 5 Stelle, nella persona di Luigi Di Maio, continui la sua inversione a u come se niente fosse, liscio come l’olio, come se le regole e le promesse siano prodotti a scadenza breve al pari del latte o dello yogurt. E, badate bene, il problema non è nel cambiare idea (che tra l’altro può essere invece segno di maturità e intelligenza) ma nel non assumersene la responsabilità. Così il M5S (quello che non doveva allearsi con nessuno e governa con la Lega) ora apre nuove strade: dicevano che non ci si sarebbe mai spostati dai due mandati e invece arriva il mandato zero e così possono essere tre («Abbiamo deciso di introdurre il cosiddetto “mandato zero”. Che cos’è il mandato zero? È un mandato, il primo, che non si conta nella regola dei due mandati, cioè un mandato che non vale», la frase pronunciata da Di Maio è uno spasso letterario), dicevano che non ci doveva essere struttura e invece arrivano i facilitatori regionali, dicevano nessuna alleanza e invece ora si apre alle alleanze. Capolavoro.
Dall’altra il Pd (che non perde mai occasione quando c’è da sbagliare) decide di rispondere all’orribile strumentalizzazione su Bibbiano (e sui bambini usati come clava politica) informandoci che uno degli indagati è difeso da un avvocato appartenente al Movimento 5 Stelle. In pratica per stigmatizzare un comportamento decidono di comportarsi allo stesso modo, fregandosene del dolore che tutta questa storia contiene. Altro capolavoro.
Niente di politico, niente che riguardi le riforme per il Paese, niente che sia di un minimo spessore culturale. La chiamano politica e invece è un lungo, disdicevole gne gne.
Buon martedì.