Abbiamo rivolto alcune domande al poeta siriano Adonis che in opposizione ad Assad lasciò la Siria per andare in Libano dove ha insegnato e fondato riviste. Prima di trasferirsi a Parigi dove vive in esilio volontario da oltre vent’anni.
Sono passati quasi 10 anni. La primavera araba fu all’inizio un bel risveglio ma poi – lei scrive nel saggio pubblicato da Guanda, Violenza e islam – non è riuscita a liberarsi dell’oppressione e dell’oscurantismo religioso.
Inizialmente abbiamo sperato. Io stesso ho scritto un libro sulla Primavera araba. Purtroppo si è trasformata in una guerra e in un conflitto mosso da interessi. Tutti gli arabi, tutti i musulmani oggi non sono altro che un mezzo per realizzare quello che l’Occidente americano ed europeo vogliono. E il risultato è catastrofico sotto ogni riguardo.
Perché la rivolta, alla fine, è andata incontro al fallimento?
Una Primavera, vale a dire una rivoluzione reale, deve essere realizzata e concepita da un intero popolo. Mentre qui non ha partecipato profondamente, l’iniziativa è stata di piccoli gruppi. Inoltre una rivoluzione, per essere tale, deve essere capace di svolgere un certo discorso che qui non è stato fatto. Il nostro problema è la mancanza di libertà della donna. Nessuno l’ha tematizzato. Il primo obiettivo non è stato liberare la donna dalla legge islamica, dall’oppressione religiosa, dalla sharia. Non ci può essere vera rivoluzione senza laicità. Nessuno ne ha parlato.
Come mai?
Hanno paura perfino di pronunciare la parola! Un punto dirimente è la separazione tra Stato e religione, fra politica e fede. E di nuovo nessuno ne ha parlato. Una rivoluzione deve essere indipendente, invece c’è stata una chiara ingerenza straniera. Così in alcuni Paesi arabi alla fine siamo approdati ad una situazione peggiore di quella passata. La tirannia precedente era di natura militare, quella attuale pretende di essere di natura divina. Il tiranno militare uccide chi si oppone e ha un’opinione diversa dalla sua. L’Isis uccide nel nome di Dio! Oggi si viene fatti fuori per volontà di Dio. La tirannia imprigiona e ammazza le persone perché ne ha paura. Ma la tirannia teocratica uccide le persone perché le detesta, non pensa che siano esseri umani, li considera animali selvaggi a cui sparare. È davvero terribile.
L’egittologo e studioso di ebraismo Jan Assmann sostiene che il monoteismo sia intrinsecamente violento, perché pretende di imporre una verità assoluta, condannando come infedele chi non l’accetta. Ci sono assonanze con la sua riflessione?
Il monoteismo è certamente basato sulla violenza. Pensiamo alla Bibbia: ci sono due fratelli, uno uccide l’altro. Tutto questo viene accettato, addirittura difeso, con una spiegazione molto bizzarra, assurda: il male ha ucciso il bene. La violenza è fondatrice del monoteismo e tutta la storia del rapporto con l’altro da sé nella Bibbia è una storia di violenza. Analogamente l’Islam in quanto religione di Stato, già prima della morte del profeta appare fondato sulla violenza. I primi tre califfi sono stati assassinati. La guerra tra i successori di Maometto è durata cinquant’anni. Dunque tutta la prima età dell’Islam si basa sulla distruttività. Per non parlare dei versetti contenuti nel testo sacro, che sono innervati di violenza. Per approfondire il nesso tra violenza e religione nei monoteismi consiglio di leggere i libri di René Girard.
Lei accennava alla sharia e alla negazione dei diritti delle donne nelle Paesi musulmani. E negli altri monoteismi?
Accade lo stesso, se non peggio. Basta pensare a come la donna viene considerata nella Bibbia e dalla Chiesa. Ancora oggi c’è una setta ebraica che vieta all’uomo di vedere la propria donna nuda. Anche quando fa l’amore con lei. C’è un abito speciale con un buco. Io non ci potevo credere. Ho chiesto ad un amico ebreo e mi ha confermato che è proprio così. La visone presente nella Bibbia è analoga a quella espressa nell’Islam. Nel testo biblico si dice che la donna non è stata creata da Dio, come l’uomo. Egli è stato fatto a immagine di Dio. Ma la donna è creata da una costola maschile quindi è essenzialmente inferiore. Questa è una visione totalmente anti umana ed io sono radicalmente contro. Diversamente dalle altre letture del Corano (sunnita, sciita, wahabita) i mistici sufi esprimono una visione che dà alla donna grande importanza, la femminilità è in primo piano. Il mondo è fondato sulla femminilità non sulla mascolinità. In un certo senso è anti monoteista.
In Violenza e Islam citando poeti della tradizione classica come Al-Mutannabbi e Abu Nuwas, ricorda che la poesia araba più antica è piena di immagini, è soggettiva. Poi tutto questo si è perso nell’astrazione religiosa e nella rigidità del dogma. Che cosa rappresenta per lei la poesia oggi?
Che cosa è l’amore per te? Quale è il ruolo dell’amore? Cambiare il mondo? Cambiare l’interiorità, forse. Per diventare più liberi, più umani, più in rapporto con il resto del mondo. Dunque la poesia è come l’amore, non può cambiare la realtà materialmente. Al contrario è possibile che se un criminale uccide qualcuno, quest’azione possa cambiare un intero Paese. Quello della poesia è un altro livello, un altro mondo. È l’ideologia che ha generato rigidità perché pretende di utilizzare la creatività dell’essere umano in modo strumentale. No, la poesia come l’amore non ha niente a che fare con l’ideologia. Una donna può amare un uomo che non conosce, di un altro Paese, con un’altra cultura, che parla un’altra lingua. Questo è la poesia, è centrata sull’essere umano e sul fatto che l’essere umano è il centro del mondo. L’uomo non è mai un mezzo, tutto deve essere fatto per l’essere umano. In questo senso io ho sempre scritto poesie per vedere più a fondo in me stesso, per comprendere meglio gli altri e il mondo.
Traduzione di Paola Traverso