Alla fine è la sua natura: preferisce essere capo, esiste solo da capo e pur di fare il capo accetta di essere il capo di pochi, abbandonando un partito di molti. L’ego di Matteo Renzi è il suo principale avversario politico (sembra un alleato ma alla fine finisce sempre così, con tutti) e in nome del suo ego oggi l’ex segretario del Pd annuncerà la sua uscita dal partito per dedicarsi a una sua nuova creatura.
Lo farà da Vespa, e anche questo non stupisce: il salotto televisivo è un luogo in cui mostrarsi per intero, nella figura di leader come lo intendono questi politici 2.0, tutti spremuti a essere figure intere concentrate nel loro personale reality. E così il prode Matteo (l’altro, quello che avrebbe abbandonato la politica se avesse perso il referendum che poi ha perso) alla fine ha capito benissimo che facendosi il partito tutto suo (e i “suoi” gruppi alla Camera e al Senato) risulta indispensabile nella tenuta del governo, pur essendo minuscolo, come gli hanno insegnato gi andreottiani stili su cui si è formato.
E in fondo è solo un ulteriore passo della politica dell’Ego che sta prendendo piede in questi anni e che è riuscita a trasformare una pratica comunitaria e sociale (la politica, appunto) in un palcoscenico di protagonisti e di seguaci, senza nessuna funzione assembleare e senza nessun spirito che funga da collante.
Come nel film di Nanni Moretti la domanda che attanaglia molti (troppi) è sempre la stessa: “mi si nota di più se non vengo o se vengo e sto in disparte”? La funzione pubblica è riservata all’accrescimento della propria popolarità. Solo questo.
E ora, c’è da scommettere, sarà Renzi il nuovo Matteo che scorrazzerà tra le righe del governo illudendosi di poter fare il bello e il cattivo tempo. Perché il problema resta sempre lo stesso: cambiare i modi, oltre che le persone.
Buon martedì.