Giuseppe Conte ha partecipato a feste di partito sostanzialmente opposte: nel giro di pochi giorni è riuscito a fingere di accarezzare le Ong, ha ridato smalto ai sindacati e con quelli di Fratelli d’Italia ha lanciato qualche spigolatura sovranista. Niente di male, per carità: un presidente del Consiglio che riesce a sopravvivere a un’inversione di governo ha già dimostrato di sapere stare perfettamente in equilibrio.
C’è da vedere però se l’abilità consista nell’essere davvero quel mediatore che in molti ci rivendono (e allora potrebbe anche avere un senso in nome della real politik), oppure se non si tratti piuttosto di un’attitudine a essere bifronte e tenere i piedi in tutte le scarpe. Il gioco è sottile e molto molto pericoloso.
A Atreju, ad esempio, lo scorso 21 settembre Conte ha testualmente detto:
«Voglio ringraziare qui tutti i nostri apparati perché vi posso assicurare che la guardia costiera libica, supportata dal nostro intervento, ogni giorno contiene centinaia – ma proprio centinaia – di migranti».
Ci si illudeva, sbagliando, che ormai nessuno al mondo avesse dubbi sulla feroce illegalità della Libia e che (forse escluso Salvini e compagnia) nessuno potesse avere lo stomaco di parlare della strage quotidiana che avviene in Libia come di un contenimento. Ci sbagliavamo.
Il presidente del Consiglio è molto furbo (o forse che qui si sia tutti molto stupidi) nell’esporre gli stessi concetti che furono del Capitano leghista senza però usarne il bullismo, come se ci bastasse un’idiozia esposta elegantemente per sentirci tutti più rassicurati. No, non è così.
Come diceva Einstein “la vita è come andare in bicicletta. Per mantenere l’equilibrio devi muoverti” e non durerà a lungo questo viaggio di nozze in cui ci si accontenta di avere abbassato i toni. Le azioni si compiono, non si declamano. E la Libia non si bonifica con un po’ di mestiere e di finta buona educazione.
Buon martedì.