Essere Mimmo Lucano, oggi, in Italia, in un Paese mangiato dalla bile e dalla guerra del “tutti contro tutti” solo per mangiarsi l’avversario significa scegliere la strada più difficile che possa venire a mente di inforcare: quella della solidarietà, dell’inclusione, dei toni bassi, dell’aspetto cordiale (nel senso letterale, “di cuore”) delle cose.
Mimmo Lucano da sindaco di Riace può avere fatto cose che vi piacciono o meno, per carità, è il gioco della politica. Però Mimmo Lucano ci hanno detto che era uno che non rispettava le regole e invece le regole vanno rispettate. E perfino Salvini è sceso a Riace per dire che bisognava ripristinare la legalità. Così hanno eletto il leghista Antonio Trifoli.
Il Tribunale di Locri ha dichiarato decaduto il sindaco di Riace, Antonio Trifoli, eletto lo scorso 26 maggio a capo di una lista civica di ispirazione leghista. Trifoli – ha sostenuto il collegio – non poteva essere candidato perché assunto al Comune come vigile urbano, a tempo determinato e non aveva quindi diritto ad accedere all’aspettativa non retribuita per motivi elettorali. Non era quindi né candidabile, né eleggibile. Il ricorso per la sua incandidabilità era stato presentato subito dopo la sua elezione da Maria Spanò, candidata a sindaco della lista sostenuta dall’ex primo cittadino di Riace, Mimmo Lucano.
Ora qualcuno si aspetterebbe un po’ di senso di vendetta. Mimmo Lucano invece ha dichiarato che non gli interessano gli aspetti legali e che bisogna costruire un’alternativa.
Appunto. L’alternativa sta tutta nel puntare sui valori e sui contenuti. Perché altrimenti finisce che quello che doveva ripristinare la legalità si scopre essere il primo illegale. Intanto a pagare è la città di Riace. Ed è una storia piccola che ha valenza nazionale.
Buon martedì.