«Chiunque tu sia, ovunque tu sia, abbiamo bisogno di te». Con queste parole, ormai un anno fa, Greta Thunberg dava il la a un movimento internazionale di contrasto ai cambiamenti climatici che nessuno aveva mai immaginato prima. Erano gli inizi di settembre quando ragazzi di diversi Paesi europei (tra cui Francia e Germania) cominciano a scendere in piazza ogni venerdì, seguendo l’esempio della sedicenne svedese Greta Thunberg. In Italia i primi scioperi si sviluppano a partire da dicembre, con la nascita di alcuni gruppi locali di Fridays for future nelle grandi città (Torino, Milano, Roma, Napoli, Pisa ecc.).
Le prime settimane sono le più difficili: inizialmente, anche qui a Torino, ci ritroviamo a manifestare in cinque o sei, e il confronto con le altre piazze europee è impietoso. Col passare del tempo, però, il movimento comincia a crescere anche nel nostro Paese. La prima data a cui tutti noi attivisti puntiamo per sfondare il muro dell’invisibilità è il 15 marzo, giorno del primo Sciopero globale per il futuro. Le settimane di avvicinamento allo sciopero sono emozionanti: moltissimi studenti ci scrivono sui social, si informano, ci mandano foto dei loro cartelloni.
L’attesa è tanta. Di pari passo, i vari movimenti locali si organizzano in maniera più definita: si creano dei coordinamenti di cui fanno parte gli attivisti più esperti, si struttura una rete di relazioni nazionale e internazionale. Sui social, che rappresentano un preciso termometro dell’attenzione mediatica sui nostri temi, le pagine locali e nazionali registrano aumenti di condivisioni impressionanti. Quando finalmente arriva il 15 marzo, gli sforzi di centinaia di attivisti da Nord a Sud d’Italia vengono ripagati: le piazze sono strapiene, con numeri da capogiro. Oltre 600mila persone manifestano in tutta la penisola, con picchi di partecipazione nelle metropoli come Milano, Roma, Torino, Napoli, Firenze.
Un risultato del tutto inaspettato. Chi l’avrebbe…
Luca Sardo è coordinatore di Fridays for future – Torino