Premetto che ho conosciuto Nicola Gratteri e lo ritengo persona preparata e onesta ma, quando leggo in questi giorni le innumerevoli attestazioni di stima nei sui confronti e per la grande operazione anti-ndrangheta condotta, mi lascia stupefatto la frase fatta: “Io sto con Gratteri”.
Mi torna continuamente in mente un concetto espresso da Rita Atria: «Prima di combattere la mafia devi farti un auto-esame di coscienza e poi, dopo aver sconfitto la mafia dentro di te, puoi combattere la mafia che c’è nel giro dei tuoi amici». Guardando l’Italia di oggi mi chiedo: siamo davvero con Gratteri? Io credo di no! Lo siamo a chiacchiere ma con i fatti certamente no! Provo a dimostrarlo.
Siamo con Gratteri quando sistemiamo nostro figlio in un posto di lavoro, togliendolo ad un altro che lo meriterebbe poiché nostro figlio è un asino? Siamo con Gratteri quando da imprenditori partecipiamo ad un appalto ottenuto con un giro losco che ci ha permesso di vincerlo a discapito di altri imprenditori onesti? Siamo con Gratteri quando corrompendo abbiamo ottenuto ciò che non ci spettava? Quando scavalchiamo le liste di attesa per un esame medico passando avanti a chi ne ha più bisogno di noi, siamo sicuri di stare con Gratteri?
Perché a chiacchiere tutti noi odiamo la mafia, ma poi se ci servono voti per essere eletti non esistiamo a stringere la mano a qualcuno in odore di mafia che può procurarceli. Quando ci voltiamo dall’altra parte e lasciamo spazio a chi uccide la speranza dei nostri figli sostituendosi allo Stato e alla legalità rinneghiamo l’operato di Gratteri. Non stiamo con lui neanche quando nostro figlio fa il bullo con i suoi coetanei e noi andiamo a difenderlo a scuola contro tutto e tutti. Non siamo con Gratteri neanche quando non trasmettiamo ai nostri giovani l’amore per la conoscenza, il rispetto per il sacrificio e approviamo l’idea che “tanto alla fine i corrotti hanno successo e gli onesti no”.
Ricordiamoci però che quei corrotti spesso sono mafiosi o amici dei mafiosi. La nostra mafiosità, non così troppo occulta, sta proprio nell’accettazione del vantaggio non meritato, nel concetto di “adeguati alla illegalità se vuoi far carriera”. Perché se la mafia ha permeato ogni angolo dello Stato (Università, ospedali, istituzioni pubbliche e private di ogni genere) è perché in fondo siamo anche noi, in parte o totalmente, mafiosi dentro, non lo ammetteremo mai eppure lo siamo. Probabilmente abbiamo assorbito il virus della mafiosità e la loro mentalità e non ce ne siamo accorti e quando ce ne siamo accorti ad alcuni di noi è convenuto utilizzarla per il proprio tornaconto.
Siamo consci che con i nostri comportamenti siamo esattamente ciò che Gratteri e tantissimi magistrati come lui – Falcone e Borsellino prima di loro – combattono ogni giorno? Siamo sicuri che quando scriviamo “Io sto con Gratteri” non scriviamo una frase fatta priva di contenuto? So di essere stato troppo caustico in ciò che ho scritto e sto per scrivere ma ritengo che noi italiani non siamo degni di Nicola Gratteri, come non eravamo, e non lo siamo ancora, degni di Giovanni Falcone, di Paolo Borsellino e di tutte quelle persone uccise dalle mafie di cui non abbiamo più alcun ricordo né memoria alcuna.
L’Italia non è degna di queste persone eccezionali, perché non abbiamo imparato nulla dal loro sacrificio! Mi rivolgo soprattutto ai ragazzi: proviamo a non girarci dall’altra parte davanti a un sopruso. Proviamo a cambiare noi per primi non dando linfa vitale alle mafie. La mafia è tra noi ogni giorno, proviamo a non chiudere gli occhi! Liberiamoci dalle catene della mafia definendola una vera e propria “putrefazione della società”. Proviamo a portare un barlume di speranza a questo nostro Paese sempre più in declino. Uniamo le forze per eliminare questa piaga che affligge la società e la nostra gioventù, “perché il cancro delle mafie non può essere affrontato agendo isolati”.
Per debellare questa metastasi che colpisce ormai ogni organo vitale del Paese, occorre un movimento popolare, un’iniziativa che parta dalla società a ogni livello. Noi faremo la nostra parte, ma se ci fermiamo alle dichiarazioni d’intenti come “Io sto con Gratteri” senza riempirla di concretezza, non andremo lontano. Mi auguro che questa mia critica sia intesa come stimolo di un impegno continuato che vada ben di là di un proclama, diventando un tema prioritario e un impegno concreto nella lotta alle mafie.
Il mio maestro Antonino Caponnetto, mi ha inculcato l’idea che la cultura vince sulle mafie e la scuola sull’ignoranza. Se è così, e io ne sono fermamente convinto, dobbiamo far comprendere ai nostri giovani che l’illegalità non paga ma i libri e la conoscenza sì. Se riusciremo in questa impresa allora potremo affermare con la coscienza a posto: “Io sto con Gratteri”!
Vincenzo Musacchio, giurista, associato per il diritto penale
alla School of Public Affairs and Administration della Reuters University di Newark