Abbiamo bisogno di definire le cose e le persone, non con la finalità di cristallizzarle, ma nella prospettiva della relazione, perché nella conoscenza e nella condivisione dei significati qualifichiamo lo scambio. Quando non si conoscono le definizioni, quando non si dà lo stesso significato alle parole, quando si attribuiscono qualificazioni diverse, c’è una frattura nella comunicazione, e la divergenza, spesso voluta, può generare mostri.
Per dare completezza allo scambio, dunque, ci si deve intendere sul significato dei termini che si usano. Le definizioni sono importanti nella misura in cui la manipolazione dei termini e dei significati si è articolata attorno ad obiettivi oscurantisti e criminogeni.
Anche grazie ai movimenti femministi e ai movimenti transfemministi il dibattito politico e sociale ha contribuito alla diffusione della conoscenza dei linguaggi sull’identità sessuale e di genere, nell’ottica del superamento degli stereotipi patriarcali.
Più sono cresciuti i movimenti femministi e i movimenti transfemministi, e più le caste sacerdotali hanno pianificato la loro guerra al femminismo e al tranfemminismo.
Sarà opportuno ricostruirne le vicende nella loro successione storica.
Nel 1994 al Cairo, in Egitto, si tenne la Conferenza internazionale su popolazione e sviluppo che si concluse con una affermazione condivisa sulla necessità di dare risposte effettive ai bisogni delle donne di istruzione e salute, ivi compresa la salute riproduttiva, promuovendo la parità tra uomo e donna, la eliminazione della violenza di genere, consentendo alle donne l’autodeterminazione attraverso il controllo delle nascite.
Nel 1995 a Pechino si tenne la IV Conferenza mondiale delle donne e in quel contesto i movimenti di tutto il mondo convennero sulla necessità di “guardare il mondo con occhi di donna” proclamando che “i diritti delle donne sono diritti umani”.
Entrambe le conferenze hanno scatenato le crociate antifemministe delle caste sacerdotali, preoccupate che l’eccessiva autodeterminazione femminile potesse incrinare i loro privilegi, perché è ormai chiaro che se le donne hanno potere decisionale sui loro corpi e sulle loro vite, al potere clericale di femminile restano solo le sottane.
Wojtyla pianificò di neutralizzare le conclusioni della Conferenza del Cairo e della Conferenza di Pechino, e affidò a tale Alfonso López Trujillo, un cardinale colombiano, acerrimo oppositore della Teologia della Liberazione perché infarcita di marxismo, l’incarico di redigere un documento che affrontasse le questioni del genere e della sessualità riaffermando la struttura patriarcale, la sottomissione del genere femminile e lo stigma verso tutte le altre forme di sessualità e di identità di genere non binarie, ma soprattutto tutti quei riconoscimenti biologici e psicologici che avrebbero potuto minare la famiglia tradizionale, quella, per intenderci, che il Pontificio Consiglio della Famiglia vuole difendere dal “relativismo egualitarista”.
Nelle pianificazioni di Wojtyla occorreva elaborare una ideologia di contrasto all’egualitarismo perché se si fosse affermato che siamo davvero tutti uguali, non si sarebbe più trovata giustificazione alcuna al fatto che il clero intende essere più uguale degli altri.
Trujillo elaborò un dizionario, il Lexicon, con la precisa finalità di costruire uno strumento ideologico nelle mani dei cattolici per opporsi a forme di emancipazione in ogni sede, sociale, scolastica e istituzionale, ma soprattutto legislativa, per imporre anche ai non cattolici le loro teorie oscurantiste su sessualità e genere, per attaccare frontalmente coloro che sono stati definiti i “negazionisti” della famiglia tradizionale.
Nel calderone delle teorizzazioni di Trujillo, che si collocano attorno al 1999, sono stati inclusi anche i marxisti e gli ambientalisti estremi, colpevoli di non essere obbedienti alle costruzioni divine.
In questa follia ideologica hanno trovato di che nutrirsi le destre conservatrici di molti Paesi, soprattutto statunitensi, e le lobby familiaristiche cattoliche vicine all’Opus Dei, che sono arrivate finanche a introdurre le teorie riparative per l’omosessualità, a conferma che la perversione cattolica resta una assurdità senza soluzione.
In Italia le ideologie del Lexicon sono state recepite dalle organizzazioni violente di estrema destra, da organizzazioni di fondamentalisti, soprattutto da omofobici (e sappiamo che generalmente sono omosessuali latenti irrisolti) ma anche da persone per le quali è legittimo il sospetto che vivano il proprio ruolo sessuale con così poca convinzione da farsi paladini di pratiche impositive per altri, per giustificare ai propri occhi ciò che hanno autoimposto a loro stessi.
L’8 dicembre 2002 venne pubblicato il Lexicon e la data non è casuale: il giorno 8 dicembre i cattolici celebrano la Madonna, la loro dea ascesa al cielo con tutto il corpo, esempio di femminilità cui è negata ogni forma di sessualità, ma soprattutto di cui si celebra l’assenza di qualsivoglia forma di consenso rispetto ad una gravidanza imposta.
Scorrendo il Lexicon le forme di aggressione ossessiva sono state formulate contro tutto ciò che ruota attorno all’autodeterminazione sessuale e riproduttiva delle donne. Si dà addosso al termine “interruzione volontaria della gravidanza” e all’espressione “pro-choice”. Si critica aspramente il positivismo legislativo la cui deriva starebbe tutta nel fatto che non ha fondamento etico. Orbene, le democrazie si contrappongono alle dittature non solo per organizzazione dello Stato ma anche perché lo Stato etico si pone come decisore, arbitro e giudice assoluto del bene e del male, mentre le democrazie si fondano sulla supremazia del diritto e della libertà dell’uomo e della donna.
Nel Lexicon si assiste ad un paradosso folle: questo dizionario nasce con il preciso obiettivo di manipolare la semantica dei diritti umani e ci si trova di fronte ad un lungo exursus sulla manipolazione semantica di cui si accusano coloro che non si predispongono a seguire i dettami della loro mitologia.
Si affronta il tema della discriminazione e, con stridore di unghie sugli specchi, si condannano i Parlamenti che legiferano sui progetti delle unioni di fatto, anche delle unioni omosessuali e lesbiche, e persino con la possibilità di adozione.
Si attacca la Cedaw, la Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna approvata dall’Assemblea delle Nazioni Unite nel 1981, perché esclude che la casalinghizzazione possa costituire momento di affermazione della donna il cui unico compito, secondo la religione cattolica, deve essere quello della cura dei figli e della casa.
La salute riproduttiva viene indicata come formula subdola di appropriazione semantica di idee malsane.
La cosa buffa è che si nega che l’embrione possa essere di proprietà della madre mentre invece secondo il loro diritto canonico i figli sono di proprietà del padre.
Si passa ad attaccare qualsiasi forma di amore libero perché in realtà rende schiavi, per poi passare a vietare l’introduzione dell’educazione sessuale nelle scuole.
Viene introdotto il termine pro-life per contrastare il termine pro-choice, e si conferma l’equivalenza tra infanticidio e aborto terapeutico.
In Lexicon si ricorda con orgoglio quando nella Conferenza del Cairo del 1994 dovette intervenire il Papa in persona e richiamare all’ordine i Capi di Stato perché stavano per licenziare un accordo che prevedeva come le giovani generazioni potessero ricevere adeguata informazione sui metodi contraccettivi, oltre ad una sana educazione sessuale.
Con il Lexicon sono state elaborate 78 voci, la maggior parte delle quali sono rivolte contro le donne e questa non è una novità.
Diventa interessante conoscere quali espressioni patologiche hanno adottato con l’omosessualità: “L’omosessualità non ha alcun valore sociale”, è ”un intrigo psichico che la società non può istituzionalizzare”; bisogna smettere di ”stigmatizzare tutti quelli che si interrogano sulla omosessualità” tacciandoli di ”omofobia”.
Dunque la Chiesa cattolica Apostolica Romana ha messo nero su bianco, già dal 2002 le modalità con le quali le società si devono orientare all’omofobia avendola legittimata eticamente e avendo diramato precise indicazioni su come esternarla.
Nel 2008 la moratoria per la depenalizzazione della omosessualità, promossa dalla Francia, che aveva come scopo la modifica delle legislazioni sulla pena di morte contro gli omosessuali, trovò il voto contrario del Vaticano che in maniera cinica si preoccupò di poter vedere garantita la posizione espressa nel Lexicon.
Ancora oggi quel testo detta l’agenda politica del Vaticano per condizionare per prima l’Italia e poi a seguire tutti gli altri Stati.
È legittimo affermare che con il Lexicon il Vaticano ha dichiarato guerra ai diritti umani, e quel dizionario è assolutamente incompatibile con la nostra Costituzione.
O si aderisce al Lexicon o si sta dalla parte della Costituzione, tertium non datur.
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L’autrice: Carla Corsetti è segretario di Democrazia Atea e membro del coordinamento di Potere al Popolo