«Per la legge Zan e molto di più: non un passo indietro». È questo lo slogan che unisce attivisti e cittadini che parteciperanno alla mobilitazione nazionale del 15 maggio a Roma, organizzata da una quarantina di associazioni, accompagnata da numerose altre piazze in tutta Italia. Perché «siamo stanchi di vedere giochi al ribasso sulle nostre vite – scrivono i promotori -. Il ddl Zan non è che un primo passo e ne esigiamo l’approvazione senza altri compromessi e passi indietro».
Il disegno di legge per la prevenzione e il contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità, di cui molto si sta discutendo, e che ancora si trova in ostaggio delle destre in Parlamento, «riconosce pienamente alle soggettività discriminate di essere tutelate giuridicamente, e poi accolte nei “centri antidiscriminazione” (per garantire loro assistenza legale, sanitaria, psicologica, ndr), per questo motivo va difesa, ma è anche vero che si tratta di una norma che arriva tardi, “mette una pezza” e non possiamo certo considerarla sufficiente», dice a Left Elisa Ragogna, attivista di Non una di meno Roma.
«La nostra paura – prosegue l’attivista – è che si faccia come con la legge 194 sull’aborto, si approvi una norma ridotta ai minimi termini, per farla digerire a questo Parlamento, e poi per decenni non si riapra la discussione su questo fronte».
Cosa è assente, dunque, nel disegno di legge in discussione? «Innanzitutto manca un intervento che…
* Nell’immagine in alto, un presidio promosso il 28 marzo 2021 da associazioni Lgbt+, realtà universitarie e associazioni di quartiere per protestare contro un’aggressione omofoba avvenuta a Roma il 26 febbraio nella stazione della Metro Valle Aurelia. Foto di Renato Ferrantini
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