In fuga dall’Afghanistan, perseguitati dai fondamentalisti islamici, migliaia di giovani arrivano esausti a Tatvan, nel Kurdistan turco, dopo aver attraversato montagne e zone impervie sfidando gli attacchi dei lupi. Oppure dopo aver rischiato la vita sul lago di Van con piccole barche da pesca. Molti sono minorenni, tutti sognano di poter rimanere per un po’ in Turchia. L’Europa, per loro, è irraggiungibile

Ogni giorno il copione si ripete. Sono centinaia i rifugiati provenienti dall’Afghanistan che raggiungono a piedi la città di Tatvan, situata ai piedi del lago di Van, nella zona del Kurdistan turco. Sono quasi tutti ragazzi, molti di loro minorenni, in fuga da un Paese martoriato da un conflitto senza fine. Viaggiano con zaini leggeri, con pochissime cose al loro interno. Farhod, 16 anni, mi mostra al cellulare il luogo dove si è svegliato all’alba. Nel video sorride, insieme ai suoi compagni di ventura, su una zona montuosa dove sono accampate un centinaio di persone, che si disperderanno poi in piccoli gruppi. Sono stanchi, esausti, non hanno abiti di ricambio. Una volta arrivati nei pressi della stazione, i ragazzi si distendono sotto un albero all’ombra, scherzano un po’, senza perdere il buon umore, poi si lasciano andare al sonno. Nel pomeriggio cercheranno di salire su un autobus verso qualche altra città turca: molti di loro vogliono raggiungere Istanbul. Il lago di Van, situato a un centinaio di chilometri dalla frontiera con l’Iran, è la loro prima sosta in Turchia.

I ragazzi ci arrivano dopo aver attraversato un confine estremamente sorvegliato, sia per il contrabbando di materie prime che per i movimenti dei militanti curdi del Pkk. Un confine dove è stato anche costruito un muro di 81 km, nella provincia di Agri, a coprire una parte dei 534 km di frontiera con la Repubblica Islamica. Sono misure di sicurezza che secondo l’avvocato di Van, Mahmut Kaçan, servono a bloccare il transito dei rifugiati, seppur spesso la polizia turca chiuda un occhio, perché, in fondo, queste persone alla Turchia servono, essendo sfruttate sia come manodopera a basso costo, sia come “arma diplomatica” da usare contro l’Europa. Eppure sono pochi i ragazzi che immaginano il Vecchio Continente come destinazione, coscienti di quanto sia diventato difficile, se non impossibile, penetrare nella Fortezza Europa.

La maggior parte di loro vorrebbe semplicemente trovare un lavoro temporaneo in Turchia, sperando di poter tornare presto a casa. Finora hanno pagato ai trafficanti una cifra intorno ai mille euro per uscire dall’Afghanistan ed entrare nell’Anatolia orientale, attraversando aride montagne abitate da lupi, con passaggi difficili e strapiombi, nei quali ogni tanto qualcuno di loro scivola, senza rialzarsi più. Rotte che nelle ultime settimane sono state percorse da…


Il reportage prosegue su Left del 16-22 luglio 2021

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