Qualche notizia per sporcare la narrazione fiabesca, perché il giornalismo dovrebbe servire per disturbare la narrazione mica per amplificarla, è d’uopo segnalare qualche fatto di questi ultimi giorni, scusate se interrompiamo la strumentalizzazione della guerra che qui dalle nostre parti diventa addirittura eroismo. Perché fa schifo, detta così.
Lorenzo Cremonesi e Marta Serafini firmano un importantissimo articolo sul Corriere della Sera (mica sul gazzettino degli antiamericani, sul Corriere della Sera) e descrivono i talebani belli pasciuti con le armi lasciate dall’esercito Usa che è scappato in fretta e furia: «Se la gente di Kabul – scrivono – non sapesse che sono talebani, verrebbe da pensare che gli americani controllano ancora in forze le zone di accesso all’aeroporto e i punti cruciali della capitale. Viaggiano sui gipponi americani, indossano uniformi delle forze speciali Usa, hanno i loro elmetti, i mitra, i visori notturni, gli stivaletti, i loro giubbotti antiproiettili e zainetti tattici». Gli Usa, tra i loro mille errori, hanno armato anche i loro nemici. Geni.
A proposito dell’attentato avvenuto all’aeroporto di Kabul, si legge sempre nell’articolo, «la Bbc riporta testimonianze secondo cui i morti non sarebbero solo dovuti alla bomba dell’Isis, ma anche agli spari dei soldati statunitensi nella confusione appena seguente, quando sembrava che un commando terrorista stesse cercando di superare il filo spinato per irrompere nel terminal. “C’erano dei militari americani, con accanto dei soldati turchi. Gli spari sono venuti da loro, dai soldati”, ha spiegato il fratello di una delle vittime. Un altro testimone si dice sicuro che a uccidere un ex collaboratore degli Usa siano stati i militari statunitensi. “Come faccio a essere certo? Per il proiettile. Sul corpo non c’erano ferite, ma solo un proiettile che lo ha colpito proprio dietro l’orecchio”».
Dall’ospedale di Emergency (perché tra tutti i miliardi di dollari spesi non si sono trovati gli spiccioli per fare un ospedale e solo una delle tante odiate Ong se ne deve occupare) fanno sapere di avere ricevuto 4 pazienti morti all’arrivo tutti con proiettili in testa. «Non possiamo smentire né confermare», è costretto a dire il portavoce del Pentagono John Kirby.
I talebani sono cambiati? Sì, come no. Le classi sono divise tra maschi e femmine. Le maestre sono a casa e non sanno se ricominceranno a lavorare. La ministra Cartabia ha (giustamente) sottolineato come le donne impegnate nell’ambito della Giustizia (giudici e avvocatesse) rischino addirittura la vita. Nel distretto di Andarab, qualcuno ha ucciso un musicista tradizionale, Fawad. La sua colpa: suonare ai matrimoni. Si usa qui, ma non nelle zone talebane. La musica è particolarmente indigesta ai nuovi-vecchi padroni del Paese. A Kandahar, il governatore ha vietato a radio e tv di trasmettere musica e mostrare donne in video. I talebani sono cambiati? No.
A proposito di narrazione che andrebbe depurata, il Presidente della repubblica Mattarella dice una cosa che potrebbe sembrare banale: «In questi giorni una cosa appare sconcertante, e si registra nelle dichiarazioni dei politici in diverse parti d’Europa. Esprimono grande solidarietà agli afgani che perdono libertà e diritti, ma… “che restino lì’’, non vengano qui perché non li accoglieremmo. Questo non è all’altezza del ruolo storico e dei valori dell’Unione». E invece è rivoluzionaria perché la disumanità di questi più di qualcuno vorrebbe normalizzarla e invece fa schifo.
Ecco, non abituarsi. Non abituarsi mai a quello che vorrebbero inocularci. Mai.
Buon lunedì.
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