Quegli stessi che moralisticamente accusano i poveri di essere poveri, come fosse un fatto di cattiva volontà e di indolenza, negli anni hanno massimamente concorso alla precarizzazione del lavoro in Italia con provvedimenti come il Jobs act e in piena pandemia spingendo per lo sblocco dei licenziamenti. E sono gli stessi che alzano muri contro ogni ipotesi di patrimoniale, che si indignano per la riforma del catasto, riforma peraltro necessaria per poter accedere alla seconda tranche del Next generation Eu.
Il famoso refrain «ce lo chiede l’Europa» che ci siamo sentiti ripetere tante volte quando si trattava di imporre inique misure di austerity è scomparso dai discorsi di quei politici che lo ripetevano a macchinetta. Perché l’Europa ora ci chiede di spostare il carico della pressione fiscale dal mondo del lavoro a quello della rendita. Certo, anche se è assolutamente necessario per un fatto di minima di giustizia, non basta recuperare i sei miliardi di evasione sull’Imu, non basta rivedere gli estimi catastali, non basta intervenire sulle valutazioni che equiparano una casa in periferia a una in centro storico a Roma. Serve anche un piano di recupero dell’edilizia pubblica per rispondere a chi un tetto non ce l’ha, occorre dare una alternativa a chi è costretto a occupare per sopravvivere. Invece troppo spesso - e come abbiamo visto anche nei giorni scorsi a Roma - si preferisce procedere allo sgombero. La sindaca Raggi ha sempre trattato questa emergenza sociale come un problema di ordine pubblico.
Non accade così in altre città europee. In Svezia, come racconta il deputato del Left party Ali Esbati su questo numero, il premier socialdemocratico Stefan Lovfen è costretto a dimettersi perché la sinistra si è opposta alla liberalizzazione del mercato degli affitti. A Berlino il 26 settembre, insieme alle elezioni per il Parlamento federale, come scrive il presidente della Sinistra europea Heinz Bierbaum, si tiene un referendum per l’espropriazione di immobili di proprietà di grandi gruppi immobiliari, per contrastare il caro affitti. Da noi sarebbe considerata una proposta impronunciabile.
Beninteso, abbiamo contezza che per combattere le disuguaglianze che si sono sempre più allargate con la pandemia non basta tassare le case, ma occorre tassare le rendite finanziarie, combattere l’evasione, pensare a una seria web tax, bisogna intervenire sui paradisi fiscali e sui patrimoni finanziari portati all’estero.
In una parola, tax the rich come si legge a chiare lettere sul vestito indossato dalla socialista Alexandria Ocasio-Cortez al Met gala di New York. I socialisti Usa con Sanders hanno da tempo sdoganato questo tabù provando a spingere Biden verso politiche di investimento pubblico nel sociale. In Italia invece lo è ancora. E se qualcuno osa pronunciare la parola patrimoniale si alzano barricate. Quando il segretario del Pd Enrico Letta ha avanzato una timida proposta di patrimoniale, pensando di ricorrere alla tassa di successione per creare un tesoretto per i più giovani, si è sentito rispondere seccamente da Draghi che non era il momento di prendere i soldi agli italiani.
Sinistra italiana ha avviato una raccolta firme per una legge di iniziativa popolare riguardo a una più ampia patrimoniale, ma in questo caso non abbiamo ancora visto accorrere fiumi di persone. Segno che il tema di una fiscalità più giusta non è abbastanza sentito? O piuttosto che la sinistra non riesce a raggiungere quella ampia base di lavoratori sfruttati, precarizzati che la pandemia ha spinto, insieme ai disoccupati, nella povertà assoluta come ci dicono i dati Istat e altre ricerche? Su questo continuiamo a interrogarci. Al contempo rilanciando la battaglia per la giustizia sociale cercando di ampliare e approfondire il tema a partire da un nuovo pensiero a sinistra, fondato sulla naturale uguaglianza degli essere umani, su un’idea di libertà come obbligo di essere esseri umani, che metta al centro la soddisfazione dei bisogni ma anche delle esigenze più profonde di realizzazione di sé nel rapporto con gli altri. Perché bisogni ed esigenze sono questioni intrecciate e imprescindibili. In termini concretissimi lo evidenzia la sociologa Chiara Saraceno lanciando l’allarme per oltre un milione di bambini in povertà assoluta in Italia, che patiscono anche una inaccettabile povertà educativa, vendendosi deprivati di possibilità per realizzare appieno se stessi.
* In apertura, un'illustrazione di Fabio Magnasciutti per Left 🆙 Bastano pochi click! 🔴 Clicca sull'immagine oppure segui questo link > https://left.it/abbonamenti ---> Se vuoi regalare un abbonamento digitale, vai sull'opzione da 117 euro e inserisci, oltre ai tuoi dati, nome, cognome e indirizzo mail del destinatario <--- [su_divider style="dotted" divider_color="#d3cfcf"][su_button url="https://left.it/left-n-38-24-settembre-2021/" background="#a39f9f" size="7"]SOMMARIO[/su_button]
[su_divider text=" " style="dotted" divider_color="#d3cfcf"]Matteo Renzi propone un referendum per abolire il reddito di cittadinanza. Salvini, immemore di se stesso (visto che il provvedimento passò quando lui era ministro) rincara la dose. E rilancia un provvedimento che favorisce i ricchi come la flat tax, in un momento in cui gli effetti economici e sociali della pandemia, come certifica l’Istat, hanno prodotto più un milione di poveri in un solo anno. Il presidente di Confindustria, Bonomi, sbraita contro il Sussidistan perché tale sarebbe diventata l’Italia, come se la gran parte degli aiuti di Stato fossero andati ai lavoratori, ai precari, ai disoccupati e ai poveri e non all’industria, come invece è accaduto. Dalle lobby industriali che vanno all’assalto dei soldi del Pnrr è partito un attacco ideologico e feroce alle classi più svantaggiate additate come scansafatiche, divaniste, parassitarie.
Quegli stessi che moralisticamente accusano i poveri di essere poveri, come fosse un fatto di cattiva volontà e di indolenza, negli anni hanno massimamente concorso alla precarizzazione del lavoro in Italia con provvedimenti come il Jobs act e in piena pandemia spingendo per lo sblocco dei licenziamenti. E sono gli stessi che alzano muri contro ogni ipotesi di patrimoniale, che si indignano per la riforma del catasto, riforma peraltro necessaria per poter accedere alla seconda tranche del Next generation Eu.
Il famoso refrain «ce lo chiede l’Europa» che ci siamo sentiti ripetere tante volte quando si trattava di imporre inique misure di austerity è scomparso dai discorsi di quei politici che lo ripetevano a macchinetta. Perché l’Europa ora ci chiede di spostare il carico della pressione fiscale dal mondo del lavoro a quello della rendita. Certo, anche se è assolutamente necessario per un fatto di minima di giustizia, non basta recuperare i sei miliardi di evasione sull’Imu, non basta rivedere gli estimi catastali, non basta intervenire sulle valutazioni che equiparano una casa in periferia a una in centro storico a Roma. Serve anche un piano di recupero dell’edilizia pubblica per rispondere a chi un tetto non ce l’ha, occorre dare una alternativa a chi è costretto a occupare per sopravvivere. Invece troppo spesso – e come abbiamo visto anche nei giorni scorsi a Roma – si preferisce procedere allo sgombero. La sindaca Raggi ha sempre trattato questa emergenza sociale come un problema di ordine pubblico.
Non accade così in altre città europee. In Svezia, come racconta il deputato del Left party Ali Esbati su questo numero, il premier socialdemocratico Stefan Lovfen è costretto a dimettersi perché la sinistra si è opposta alla liberalizzazione del mercato degli affitti. A Berlino il 26 settembre, insieme alle elezioni per il Parlamento federale, come scrive il presidente della Sinistra europea Heinz Bierbaum, si tiene un referendum per l’espropriazione di immobili di proprietà di grandi gruppi immobiliari, per contrastare il caro affitti. Da noi sarebbe considerata una proposta impronunciabile.
Beninteso, abbiamo contezza che per combattere le disuguaglianze che si sono sempre più allargate con la pandemia non basta tassare le case, ma occorre tassare le rendite finanziarie, combattere l’evasione, pensare a una seria web tax, bisogna intervenire sui paradisi fiscali e sui patrimoni finanziari portati all’estero.
In una parola, tax the rich come si legge a chiare lettere sul vestito indossato dalla socialista Alexandria Ocasio-Cortez al Met gala di New York. I socialisti Usa con Sanders hanno da tempo sdoganato questo tabù provando a spingere Biden verso politiche di investimento pubblico nel sociale. In Italia invece lo è ancora. E se qualcuno osa pronunciare la parola patrimoniale si alzano barricate. Quando il segretario del Pd Enrico Letta ha avanzato una timida proposta di patrimoniale, pensando di ricorrere alla tassa di successione per creare un tesoretto per i più giovani, si è sentito rispondere seccamente da Draghi che non era il momento di prendere i soldi agli italiani.
Sinistra italiana ha avviato una raccolta firme per una legge di iniziativa popolare riguardo a una più ampia patrimoniale, ma in questo caso non abbiamo ancora visto accorrere fiumi di persone. Segno che il tema di una fiscalità più giusta non è abbastanza sentito? O piuttosto che la sinistra non riesce a raggiungere quella ampia base di lavoratori sfruttati, precarizzati che la pandemia ha spinto, insieme ai disoccupati, nella povertà assoluta come ci dicono i dati Istat e altre ricerche? Su questo continuiamo a interrogarci. Al contempo rilanciando la battaglia per la giustizia sociale cercando di ampliare e approfondire il tema a partire da un nuovo pensiero a sinistra, fondato sulla naturale uguaglianza degli essere umani, su un’idea di libertà come obbligo di essere esseri umani, che metta al centro la soddisfazione dei bisogni ma anche delle esigenze più profonde di realizzazione di sé nel rapporto con gli altri. Perché bisogni ed esigenze sono questioni intrecciate e imprescindibili. In termini concretissimi lo evidenzia la sociologa Chiara Saraceno lanciando l’allarme per oltre un milione di bambini in povertà assoluta in Italia, che patiscono anche una inaccettabile povertà educativa, vendendosi deprivati di possibilità per realizzare appieno se stessi.
* In apertura, un’illustrazione di Fabio Magnasciutti per Left
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