David Harvey, possiamo dire che la Cina eserciti una politica amichevole nei confronti del Terzo Mondo? Samir Amin, uno schietto anti-imperialista in un’intervista per l’annuario di transform!, si è detto molto favorevole alla politica economica internazionale della Cina, sostenendo che con i suoi aiuti e i prestiti esteri non impone condizioni, come fanno il Fondo monetario internazionale (Fmi), la Banca Mondiale e alcuni altri grandi Paesi occidentali.
Beh, attenzione. Non credo che l’esperienza sul campo in Africa sostenga la posizione di Amin. La mia impressione generale è che gli investimenti cinesi siano visti in molte parti dell’Africa come un altro tipo di imperialismo. Penso che il modo in cui la Cina è impegnata in quello che noi chiamiamo «land grabbing», cioè l’accaparramento delle risorse e della terra in Africa, sia molto diffuso e possiamo affermare che si tratti di una pratica coloniale. In America Latina direi che probabilmente l’atteggiamento è un po’ più vicino a quello che dice Amin. La Cina ha un capitale in surplus che può essere utilizzato per progetti che gli Stati latinoamericani non possono finanziare da soli. Quindi c’è una sorta di partnership. Tuttavia, questo partenariato può inasprirsi molto facilmente e, in un certo senso, direi che l’attività cinese in Ecuador non si è dimostrata così benefica come gli ecuadoriani avevano sperato. C’è stato un progetto idroelettrico, una diga enorme, che è stata costruita, ma costruita male. C’erano anche altri problemi e conflitti. Per esempio, i cinesi hanno portato i loro lavoratori in un Paese che ha un surplus di manodopera e ci sono state molte tensioni intorno a questo problema. Inoltre, quando il prezzo del petrolio è sceso, l’Ecuador ha dovuto prendere in prestito denaro dalla Cina e in cambio ha dovuto dargli accesso alle sue risorse minerarie. Queste risorse si trovavano spesso nelle terre indigene e il governo ecuadoriano ha dovuto mandare lì i militari per sfollare le popolazioni indigene e far posto alle miniere cinesi. C’è una storia che viene raccontata che non è così bella. Dobbiamo notare che l’esportazione cinese di capitali segue uno schema noto.
Che cosa significa questo?
In Giappone negli anni Sessanta, in Corea del Sud alla fine degli anni Settanta e a Taiwan intorno al 1982 c’è stato inizialmente un surplus di capitale che per un certo periodo è stato assorbito dall’economia nazionale, per poi fuggire verso l’estero. Nel 2000 la Cina non ha avuto quasi nessun investimento diretto verso l’estero, ma ora c’è un’inondazione irreversibile di questi investimenti, sia privati che statali. Privatamente, molti cinesi della classe media stanno cercando di far uscire capitali dal Paese e quindi stanno acquistando proprietà a Melbourne, Vancouver, Londra o Atene. Non conosco l’impatto a lungo termine di questa ondata di capitali pubblici e privati cinesi che cercano di assicurarsi una base economica da qualche parte nel mondo, ma quello che direi è che…
Il libro: L’intervista a David Harvey a cura di Haris Golemis (transform! Europe) è uno dei testi contenuti nel saggio “L’Europa nel mondo grande e terribile. Lavoro e Capitale a cent’anni da Livorno”, (Villaggio Maori edizioni 2021). Il volume, curato da Enrico Fantini, Mattia Gambilonghi e Alessandro Tedde, presenta, in italiano, i più interessanti lavori dell’edizione internazionale dell’annuario di transform!Europe, fondazione di cultura politica della Sinistra europea. È inoltre arricchito da una sezione di contributi originali di importanti studiosi italiani, curata da Sinistra XXI. È possibile acquistarlo presso i siti sinistra21.it e villaggiomaori.com
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