A un anno dalla scomparsa, ricordiamo Pietro Greco con un suo articolo pubblicato da Infiniti mondi che gli dedica un bellissimo numero monografico

Molti lo hanno definito il “rinascimento islamico” e considerano la scienza prodotta nel corso dei primi secoli dell’Islam come una ripartenza – un rinascimento, appunto – della scienza mediterranea fiorita in epoca ellenistica. Alcuni nomi – al-Khwārizmī, il grande matematico; al-Kindī, il grande fisico; al-Farghani e soprattutto al-Battānī, i grandi astronomi; ibn Sīnā, noto in Occidente come Avicenna, è un grande alchimista; i grandi medici, come al-Bīrūnī – sono degni di figurare nei manuali di storia della scienza accanto agli Euclide e Archimede o Galileo e Newton.
Già, perché la definizione di “rinascimento islamico” della scienza è certo intrigante, ma coglie solo una parte della realtà. L’Islam, infatti, non si limita a prendere il testimone della scienza lasciato cadere dai Greci e, soprattutto, dai Romani. Ma mostra una sua propria “creatività scientifica”. Il “rinascimento islamico” ha infatti molti caratteri originali, che vengono alla luce per la prima volta in un mondo tanto variegato che spesso, esteso com’è dalla penisola iberica all’Indo e al Gange, ha in comune solo la lingua araba. Inoltre questi caratteri originali si fondano e si fondono sia su e con elementi della scienza ellenistica sia su e con elementi della scienza prodotta in altre regioni del mondo. In Cina, in India e, soprattutto, in Persia.
Più che di un rinascimento, dunque, quella realizzata dai matematici, dagli astronomi, dai chimici, dai medici dell’Islam è una vera e propria rivoluzione. Un ramo importante di quel ricco cespuglio di rivoluzioni – mai del tutto indipendente, ma mai del tutto linearmente conseguenti – che caratterizzano la storia della scienza…
Gli Arabi non combattono, ma accettano le altre religioni presenti nei vasti territori occupati. Tollerano, in particolare, le religioni monoteistiche, quella ebraica e quella cristiana. Certo, nel nuovo impero molte sono le conversioni all’Islam. Ma nessuna o quasi è forzata: «Non deve esserci costrizione nella religione», sostiene il dogma musulmano. Analoga tolleranza – anzi, un’autentica generosità -i conquistatori esprimono in ambito culturale. L’Islam non impone alcun che a chi musulmano non è. E sebbene le classi dominanti arabe siano militari e si arricchiscano con i bottini di guerra, nel corso dell’espansione non si verifica alcuna operazione sistematica di distruzione. La tolleranza consente il contagio culturale. E, in definitiva, la nascita di una nuova cultura – la cultura islamica – che assume in sé i saperi e le visioni del mondo dei popoli conquistati, ma non è la semplice somma di quelle culture.
La lingua araba, la lingua del Corano, è il…


L’articolo prosegue su Left del 17-23 dicembre 2021

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