Lo spazio pubblico, le piazze, la socialità. Un’urbanistica più umana. A questo mirava l’architetto catalano scomparso di recente. A Barcellona negli anni Novanta avvenne l’incontro tra la sua opera e la ricerca di un gruppo di architetti italiani che con lo psichiatra Massimo Fagioli dettero vita al progetto “Il coraggio delle immagini”

«Era un controsenso troppo grande avere il mare e non avere la costa». Questa affermazione che Oriol Bohigas, architetto ed urbanista catalano di fama mondiale scomparso a fine novembre scorso, formulò riferendosi a Barcellona, ben sintetizza la capacità di cogliere l’aspetto umano e concreto dell’arte del costruire la città.
Nato a Barcellona nel 1925, si era laureato in architettura nel 1951 e fin da giovane aveva mostrato profonda attenzione ai temi sociali e manifestato costantemente una particolare libertà di pensiero che negli anni del franchismo gli costò la cattedra di insegnamento universitario, che riprenderà successivamente.

Appena laureato fondò con Josep Maria Martorell (1925-2017) lo studio professionale cui nel 1962 si unì David Mackay (1933-2014) denominato MBM che per oltre sessanta anni ha firmato lavori in Spagna e in tutta Europa.
La sua prima preoccupazione fu di distaccarsi dal clima chiuso e opprimente del franchismo. Nel 1951 fondò il gruppo R che significava Rinnovamento e Rivoluzione. Il suo riferimento fu subito l’architettura italiana particolarmente rappresentata dalla rivista Casabella e dal mondo degli architetti milanesi, in particolare Ernesto Rogers ed Ignazio Gardella. Ma la sua formazione era indiscutibilmente legata all’identità e alle vicende storico politiche della Catalogna con una forte vicinanza al partito socialista.

Nel suo libro Barcelona entre el Pla Cerdà i el barraquisme del 1963 l’idea della responsabilità sociale dell’architetto è esplicita, con una visione del problema della città moderna particolarmente interessante come quando afferma che «la città del Novecento è un’entità creata proprio da questa nuova società, senza storia, che è il proletariato. Questo proletariato presentava un quadro di bisogni che non avevano nulla a che vedere né con le residenze di corte, né con i gruppi agricoli, né con gli ambienti borghesi medievali. La nuova urbanistica ha dovuto realizzare questo nuovo problema e strutturare, quindi, un programma tutto nuovo».
In un unico piano «le esigenze della circolazione, la formazione delle comunità umane, l’economia della produzione comune, i bisogni intellettuali, sportivi, sociali, i centri di intrattenimento», e quindi «le forme architettoniche di un dato periodo storico sono funzione delle sue forme politiche».
Cinque anni dopo la caduta del franchismo, divenuto sindaco di Barcellona Narcís Serra, economista con alle spalle studi internazionali e cultore di architettura, Bohigas venne chiamato a dirigere l’ufficio dell’Urbanistica di Barcellona.
L’impostazione scelta fu quella di privilegiare l’architettura intesa come fatto culturale oltre la semplice quantificazione di soluzioni tecniche, una imagen urbanística da dare alla città.
Tra le scelte più felici vi fu quella di puntare sulla riqualificazione dello spazio pubblico e quindi, invece di concentrare i finanziamenti nel rinnovo di pochi assi urbani, Bohigas divise il budget a disposizione in un centinaio di interventi in…


L’articolo prosegue su Left del 14-20 gennaio 2022 

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