Può un evento essere una buona soluzione per il Paese e contemporaneamente una cattiva sconfitta della politica? Sì, certo, e qui sta tutto lo scollamento tra il Parlamento che esulta per l’elezione di Mattarella e la realtà.
Innanzitutto crea un certo disagio vedere questi capi partito che sono nati rottamatori, scardinatori di scatolette di tonno, rifondatori della nuova destra, spazzatori della vecchia politica e rivoluzionari che si compiacciono per avere lasciato le cose come stanno. Sia chiaro, ben venga Mattarella rispetto alla risibile risma che è stata proposta dal centrodestra, ma che alcuni partiti abbiano incamerato voti per sovvertire il presente e ora scodinzolino per essere stato bravi a mantenere intatto il passato è qualcosa che in termini di consenso gli costerà parecchio.
In una settimana, tra l’altro, il Parlamento è riuscito a utilizzare per una lotta tutta politicista la seconda carica dello Stato (con Casellati che ha utilizzato il proprio ruolo di Presidente del Sentato come trampolino), una responsabile dei Servizi, l’attuale presidente del Consiglio Draghi e il leader storico del centrodestra italiano. Non è una mera questione di avere bruciato nomi, qui si tratta di avere sporcato importanti cariche istituzionali che ora inevitabilmente subiranno il logorio delle sgraziate fanfaronate che si sono consumate. La settimana di locura ha contribuito allo spasmo generale dei media ma ha usurato la credibilità di molti.
Che i partiti abbiano dovuto implorare un ex Presidente che ha ripetuto più volte di non avere intenzione di continuare nel suo ruolo è un fatto che non ha bisogno di troppe interpretazioni. Che i tiepidi e gli inconsistenti rivendano il risultato come un trionfo della diplomazia è il solito trucco dei vaghi che farciscono il niente con la diplomazia.
Quando Napolitano venne rieletto per mediocrità del Parlamento nel suo discorso disse: «Quanto è accaduto qui nei giorni scorsi ha rappresentato il punto di arrivo di una lunga serie di omissioni e di guasti, di chiusure e di irresponsabilità». Siamo ancora a quel punto.
Questa elezione dimostra anche che le coalizioni che si rivendono come salde all’opinione pubblica allo stato attuale non esistono nemmeno: il centrodestra si è spaccato ancora una volta poiché ormai è il cortile dove Salvini e Meloni si contendono la leadership, concentrati in un gioco endemico che non ha nulla da dire di concreto al Paese. Anche il fronte progressista tra Pd e M5s non sembra godere di ottima salute. Volendo andare più a fondo persino i partiti si sono mostrati disuniti. La sensazione è che Draghi vinca (e Mattarella perduri) per inconsistenza generale. E questa non è una buona notizia, per niente.
Fare campagna elettorale anche sull’elezione del presidente della Repubblica rende perfettamente la cifra politica e lo spessore morale di molti attori in campo. Il tema non sono i nomi che sono stati di bassa levatura: è un Parlamento di bassa levatura.
Ma il punto sostanziale è un altro: questa elezione per il Quirinale certifica che questa maggioranza non riesce a trovare una sintesi nemmeno per il presidente della Repubblica. E quindi la domanda vera è: perché stanno insieme? Cosa li tiene insieme?
Buon lunedì.