La discussione che si è accesa intorno al bonus edilizia 110% è la cartina di tornasole perfetta per leggere tutte le contraddizioni nei comportamenti della politica nostrana contemporanea. Sul bonus in sé e sugli errori contenuti in quella legge tanto si è scritto e non è questo che ci interessa, qui e ora: leggere le dichiarazioni dei politici è un esercizio utile per analizzare l’antropologia politica.
C’è Draghi, innanzitutto. Draghi si presenta in conferenza stampa, una di quelle conferenze stampa che hanno la pericolosità e la tensione giornalistica di una pizzata con gli ex compagni di classe, e ci infila una battutona delle sue dicendoci che «chi più tuona sul superbonus sono quelli che hanno scritto la legge». La battuta ovviamente fa impazzire tutti e viene rilanciata su tutti i giornali. Nessuno che faccia notare al signor Draghi che sia il presidente del Consiglio dei ministri e che abbia dalla sua tutta la maggioranza parlamentare che serve per cambiare le cose, presumibilmente migliorandole. Il compito di Draghi non è quello di “bacchettare” (nonostante piaccia molto ai giornali) ma quello di proporre e di attuare soluzioni. Comunque non stupisce l’appiattimento: stiamo parlando di chi ricopre la carica più politica nella nostra Repubblica e comunque si può permettere di dirci che non sa se prima o poi farà politica, un presidente del Consiglio. A proposito: qualcuno potrebbe dire a Draghi che i “controlli” alle imprese nel mondo del lavoro sono deficitarie da anni, in tutti i settori, e le poche ispezioni danno ovunque risultati sconfortanti.
Insuperabile Luciano Nobili, di Italia Viva, che al TG1 dice testualmente: «Il sistema dei bonus edilizi del governo Conte con i crediti che girano come le giostre ha permesso truffe intollerabili. Ha ragione Draghi: è ora di mettere ordine per garantire trasparenza, legalità e per dare certezze a famiglie e imprese oneste». Per fortuna c’è chi, come Calenda, ricorda ai renziani che al governo c’erano anche loro. Scrive Calenda: «Leggi scritte e approvate dal Governo di cui @matteorenzi e Italia Viva facevano parte. Stesso inaccettabile atteggiamento dei 5S sul Tap. Io non c’ero e se c’ero dormivo non funziona e non fa bene alla credibilità della politica». Non serve aggiungere altro.
Sul Superbonus la Lega, indovinate un po’, si spacca: Giorgetti corre a dare fiducia a Draghi e a Salvini tocca correggere la rotta. Del resto quel bonus ha le regioni del Nord come maggiori utilizzatrici (Lombardia e Veneto in testa) e i numeri sono la netta dimostrazione che no, che non sono i terroni a fare i furbetti per incassare denaro.
Notevoli anche tutti quelli che da mesi ci dicono che il reddito di cittadinanza (che, ricordiamolo, non è un bonus) fa schifo perché sarebbe un sussidio inutile per sfaticati. Sono gli stessi che da sempre ci dicono che i soldi non bisogna darli ai lavoratori ma alle imprese che le imprese sono buone e poi ci pensano loro a distribuirli: il Superbonus dimostra, ancora una volta, che lo Stato viene visto da troppi imprenditori come l’occasione per essere furbi e che non ci siano mai significative ricadute per i lavoratori che stanno più in basso. Eppure loro fingono di non vedere la contraddizione e riescono a essere contro le misure per lenire la povertà e ora contro un bonus per rilanciare un settore. Alla fine troveranno il coraggio di ammettere che la loro soluzione ideale sarebbe un bel bonifico da parte dello Stato direttamente alle imprese loro amiche che per pura coincidenza sono anche il loro elettorato.
Buon martedì.
Nella foto: il presidente del Consiglio Mario Draghi e il ministro dell’Economia Daniele Franco alla conferenza stampa dell’11 febbraio 2022