«Sui profughi, l’Ucraina potrà contare sull’Italia. Faremo la nostra parte, senza riserve», ha detto ieri Mario Draghi. In sei giorni di guerra sono già 520mila i profughi fuggiti dall’Ucraina. Come ricorda Matteo Villa dell’Ispi, nel 2015, nel corso della più grande emergenza umanitaria della storia dell’Ue, ci vollero 4 mesi per superare quota 520mila arrivi. Insomma, siano nel bel mezzo di “un’invasione” solo che la parola “invasione” non la usa più nessuno.
Accogliere i profughi ucraini è un dovere morale, su questo non ci sono dubbi. Draghi ieri ha promesso l’applicazione della direttiva 55/2001 che prevede protezione immediata e temporanea per i rifugiati ucraini. Il segretario del Pd Letta ha scritto: «Dobbiamo esprimere gratitudine e sostegno per chi in Polonia, Romania e Moldavia sta accogliendo in queste ore centinaia di migliaia di profughi dall’Ucraina. Uno sforzo umanitario immane. Una straordinaria dimostrazione di solidarietà». A ruota Salvini ha colto la palla al balzo: «Oggi ho mandato un messaggio al premier di Polonia e al premier d’Ungheria, tanto vituperati, per ringraziarli per il grande sforzo di accoglienza umanitaria che stanno facendo».
Ma cosa accade in Polonia? Forse conviene saperlo. Conviene sapere che la Polonia è quello stesso Paese che con l’assenso dell’Ue ha approvato la legge sui “push-back” illegali, quella dei respingimenti, quella dello stato di emergenza al confine con la Bielorussia per impedire l’azione degli operatori umanitari e dei giornalisti che denunciano ripetute aggressioni dalle forze armate polacche. La Polonia è il Paese che lascia uomini, donne e bambini a ghiacciarsi nei boschi senza acque né cibo, che li rinchiude in centri di detenzione illegali dove non possono incontrare operatori umanitari e avvocati. Sono quelli che stanno costruendo una barriera al confine (tra l’altro distruggendo la foresta Białowieża, patrimonio Unesco). Sono gli stessi che hanno lasciato morire al confine almeno 21 persone l’anno scorso.
Gli ucraini passano. E gli altri? Niente. Quelli che scappano da guerre che non consideriamo “nostre” rimangono respinti. Quasi sempre la scelta si basa sul colore della pelle. Scrive Grupa Granica (che riunisce diverse associazioni umanitarie della zona): «Continuiamo a ricevere richieste di assistenza da persone che fuggono da conflitti armati che hanno luogo in altre parti del mondo, tra cui Siria, Yemen e Afghanistan. Incapaci di utilizzare le vie legali per entrare in Polonia, queste persone rischiano la vita nelle foreste di confine. Al confine bielorusso, a differenza di quello ucraino, la guardia di frontiera non accetta domande di protezione internazionale e non offre riparo; ricaccia le persone in Bielorussia, un Paese che sostiene l’invasione russa dell’Ucraina. E mentre secondo le disposizioni della Convenzione di Ginevra ogni persona in fuga da persecuzioni e violenze dovrebbe avere il diritto a un rifugio sicuro, queste due frontiere – quella della Bielorussia e quella dell’Ucraina – rendono chiaro che la possibilità di esercitare questo diritto dipende dalla nazionalità della persona che cerca protezione».
Il modo in cui sono stati accolti i rifugiati e i richiedenti asilo dall’Ucraina ha dimostrato che la Polonia è in grado di garantire la sicurezza delle persone che cercano protezione. È in grado di fornire loro assistenza e sostegno adeguati e, soprattutto, un passaggio sicuro attraverso la frontiera. Ricordate qualche giorno fa quando Salvini parlava di “profughi veri” e “profughi finti” e tutti si sono giustamente ribellati a quella sconcezza? Bene, è diventata la linea politica dell’Ue.
Buon mercoledì.