Dopo lo scoppio della guerra in Ucraina è ulteriormente peggiorata la condizione dei migranti extra-Ue che si trovano bloccati al confine tra Bielorussia e Polonia pur avendo diritto all’asilo e alla protezione umanitaria. Ovvero a ciò che è giustamente stato riconosciuto dall'Unione europea (e dalla Polonia) ai rifugiati ucraini. Il reportage di Nawal Soufi dalla foresta nei pressi di Kuźnica (Polonia)

«Le guardie di frontiera non ci danno cibo né acqua, neanche supplicandoli in ginocchio nella neve». Nemmeno le conseguenze della guerra in Ucraina sulle persone in fuga dalle bombe hanno “umanizzato” l’atteggiamento di Polonia e Bielorussia nei confronti di migliaia di profughi extra Ue che si trovano bloccati in territorio bielorusso con il miraggio di raggiungere l’Europa. La crisi umanitaria che si sta consumando dallo scorso autunno nel lembo di terra che divide l’Unione dal Paese alleato di Putin, tra km di filo spinato, ronde armate e gelo invernale non accenna a mostrare segnali di soluzione. Anzi la situazione nelle ultime settimane è peggiorata. Dopo lo scoppio del conflitto per tantissimi giorni i militari di frontiera si sono rifiutati di liberare le persone bloccate nella famigerata zona del filo spinato. Famiglie intere, composte da uomini, donne, bambini e anche persone anziane non hanno potuto mangiare, bere o avere un tetto sotto cui ripararsi.
Negli ultimi giorni oltre a siriani, iracheni, palestinesi yemeniti ed egiziani, si sono aggiunti anche dei cittadini cubani che hanno lasciato la Russia dopo che le loro carte di credito erano state bloccate per via dell’embargo imposto dall’Occidente a Mosca. Erano arrivati in Russia con…


L’articolo prosegue su Left dell’1-8 aprile 2022 

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