La battaglia per il controllo del Congresso degli Stati Uniti – sia alla Camera che al Senato – per il momento sembra non aver identificato nessun vincitore certo: alle elezioni di metà mandato (di midterm, in inglese) dell’8 novembre i Democratici sono riusciti ad infrangere le speranze di una schiacciante vittoria repubblicana e ad entrambi i partiti non resta che aggrapparsi alla possibilità di ottenere una maggioranza ristretta.
Nelle elezioni di midterm gli elettori sono stati chiamati ad eleggere tutti i 435 membri della Camera dei rappresentanti, il cui mandato dura due anni, ed un terzo dei membri del Senato, il cui mandato dura sei anni. Se c’è ancora la possibilità che i repubblicani ottengano la maggioranza alla Camera, strappandola ai dem, le indicazioni che arrivano da Oltreoceano segnalano che l’annunciata “onda rossa” (il colore tradizionalmente attribuito ai repubblicani) non si avrà. Al Senato, dove i democratici potevano contare su una maggioranza assai risicata, la situazione resta in bilico, in attesa dei risultati nelle competizioni più incerte. Nel complesso, questo ciclo elettorale non si può considerare come una vittoria per nessuno dei due schieramenti politici, ma è sicuramente una parziale sconfitta per i Repubblicani che speravano senz’altro di indebolire maggiormente l’attuale governo Biden.
Oltre a rappresentanti e senatori, la tornata elettorale ha riguardato anche altre cariche elettive, come quelle dei governatori, rinnovati in 36 Stati.
In Pennsylvania, il governatore John Fetterman (appoggiato da Bernie Sanders), colpito da un ictus giorni prima di vincere la nomination democratica a maggio, ha vinto dopo un’aspra gara contro il dottor Mehmet Oz, famoso medico televisivo sostenuto dall’ex presidente Donald Trump. Mehmet Oz (non originario della Pennsylvania) sperava che la sua notorietà televisiva e la debolezza fisica dell’avversario sarebbero bastati a favorirlo. Il risultato è stato una campagna vuota rispetto ai contenuti, mirata principalmente a sottolineare l’impossibilità dell’avversario a svolgere il ruolo di governatore a causa dell’improvviso deterioramento delle sue condizioni di salute. L’avere un forte endorsement trumpiano e l’essere un volto noto nella televisione americana, dunque, non è bastato a conquistare il cuore degli elettori della Pennsylvania.
La vittoria di Fetterman ci dice che la base elettorale della Pennsylvania ha deciso di premiare un democratico che a differenza di altri candidati non si è limitato a portare avanti una campagna contro-Trump chiedendo un voto anti-repubblicano, ma ha proposto politiche concrete a sostegno dei lavoratori che lamentano il sempre più stringente peso di un’inflazione. Inoltre Fetterman ha consapevolmente preso le distanze dall’immagine del politicante classico presentandosi sempre vestito da Pennsylvania guy, senza indossare mai una camicia ma solo felpe col cappuccio. Questo ha permesso di segnare una netta linea di demarcazione di classe nei confronti di un avversario abituato a stare sotto i riflettori, ricco e imbellettato. Le proposte di Fetterman possono essere riassunte così: più attenzione alle aree rurali, incremento delle politiche democratiche a favore del lavoro e sostegni alle piccolo-medie imprese.
Durante il discorso di accettazione della candidatura, John Fetterman ha dichiarato: «Questa campagna riguarda tutti coloro che sono stati messi al tappeto e che si sono rialzati». «Questa corsa – ha aggiunto Fetterman – è per il futuro di ogni comunità in tutta la Pennsylvania. Per ogni piccola città o persona che si è sentita abbandonata, per ogni lavoro che è stato perso, per ogni fabbrica che è stata chiusa, per ogni persona che lavora sodo ma fa fatica ad arrivare a fine mese».
Un’altra riconferma importante è quella della senatrice Gretchen Whitmer che ha sconfitto la sfidante repubblicana Tudor Dixon (anche lei attrice e volto noto dei media statunitensi) con una campagna che si è esclusivamente concentrata sul diritto all’aborto. La sua avversaria è stata spesso etichettata come troppo estremista e in molti vedevano nella sua elezione una possibile minaccia per la democrazia americana. Le sue posizioni, come del resto quelle di tutti gli altri candidati repubblicani, si concentravano su un netto rifiuto dei risultati delle elezioni del 2020 e una limitazione dell’accesso all’aborto sicuro in Michigan. Dixon ha cercato di fare perno su inflazione e istruzione, proponendo, che come in Florida, non venissero affrontate questioni di genere nelle scuole definendo i libri sulle minoranze Lgbt+ “pornografici”.
Molti osservatori americani vedevano anche nella repubblicana Kari Lake, candidata al Senato in Arizona, una possibile minaccia per democrazia statunitense. L’ex-conduttrice televisiva ha concentrato la sua intera campagna sui brogli elettorali delle elezioni del 2020. Dichiarando che non avrebbe accettato i risultati di queste elezioni qualora avessero decretato una sconfitta repubblicana. Nel discorso ai propri sostenitori di fronte ai primi risultati ha dichiarato: «Voglio solo dire all’osservatore della propaganda di non mettersi in imbarazzo, di non farlo di nuovo. Quando vinceremo, la prima azione sarà quella di far tornare l’onestà nelle elezioni dell’Arizona. Non temete, Dio non ci ha messo in questa lotta perché sarà facile, Dio ci mette di fronte a sfide difficili». Katie Hobbs, la sua rivale democratica, ha puntato molto sull’estremismo di Lake e sulla tutela del diritto all’aborto. Nel suo programma elettorale scrive: «Con una decisione straziante, la Corte suprema degli Stati Uniti ha ribaltato la sentenza Roe v. Wade, che ha garantito il diritto all’aborto sicuro e legale per cinque decenni. Come assistente sociale ho visto in prima persona gli effetti devastanti che una gravidanza pericolosa, traumatizzante o non pianificata può avere su una donna e sulla sua famiglia. In qualità di funzionario pubblico, da oltre un decennio mi batto instancabilmente per proteggere il nostro diritto all’assistenza sanitaria riproduttiva». Mentre scriviamo, il duello tra Lake e Hobbs resta serrato.
Notizie meno buone arrivano dalla Georgia dove la corsa fra il repubblicano Herschel Walker e il suo contendente, il senatore democratico in carica Raphael Warnock, stanto alle attuali proiezioni si concluderà probabilmente con il ballottaggio del 6 dicembre. La sfida è stata tra le più seguite, poiché il suo risultato ha il potenziale di determinare quale partito controllerà il Senato degli Stati Uniti. La corsa si è mantenuta serrata nelle settimane precedenti alle elezioni a causa delle accuse mosse a Walker di aver fatto pressioni su due ex fidanzate per ricorrere a un aborto quando tutta la campagna di Walker ha avuto come principali interlocutori le varie piattaforme pro-vita georgiane. Da parte sua Warnock ha definito l’aborto un «principio costituzionale fondamentale».
Un altro dato importante è sicuramente quello che evidenzia la vittoria in tutti gli Stati Uniti di iniziative elettorali pro-choice. Il Kentucky, roccaforte repubblicana dove il senatore Paul Rand ha sconfitto con una maggioranza del 60% l’avversario democratico Charles Booker, ha rifiutato un proposta che avrebbe ulteriormente limitato il diritto all’aborto a qualunque stadio della gravidanza (al momento è legale fino alle sesta settimana). Ugualmente in Michigan gli elettori hanno votato per sancire il diritto all’aborto nella Costituzione dello Stato, una mossa che aiuterà a bloccare l’entrata in vigore di futuri progetti di legge mirati a vietarlo. Si tratta di una modifica della costituzione del Michigan che sancisce il «diritto individuale alla libertà riproduttiva, incluso il diritto di scegliere se portare a termine la gravidanza». Lo stesso è successo in California e in Vermont dove nella Costituzione si leggerà: «Il diritto di un individuo all’autonomia riproduttiva personale è fondamentale per la libertà così come la dignità di determinare il proprio corso di vita e non può essere negato o violato». Queste elezioni hanno dimostrato che l’accesso all’aborto è una questione importante per l’elettorato americano anche negli Stati a maggioranza repubblicana.
Si è detto spesso che le elezioni di mid-term rappresentano una valutazione in itinere del lavoro del presidente in carica. I repubblicani hanno però fatto una campagna mirata a riabilitare l’ex-presidente Trump e convincere il loro elettorato dell’illegittimità delle elezioni presidenziali del 2020. I democratici si sono concentrati maggiormente sulla questione dell’aborto ma le proposte socioeconomiche, con eccezione di alcuni Stati, sono state deboli. C’era il timore che come nelle elezioni del 2010 le non rosee prospettive economiche del Paese avrebbero penalizzato i democratici, la cui tenuta sembra però resistere. Tuttavia la polarizzazione e lo spostamento verso destra del dibattito pubblico insieme alla crescente presenza di una retorica cristiano-nazionalista costringeranno i democratici a valutare con attenzioni politiche economiche a sostegno delle minoranze che mettano un freno alle sempre maggiori disuguaglianze nella “patria” del capitalismo.
* L’autrice: Federica Stagni scrive da Lafayette, Indiana. È dottoranda di Scienze politiche e sociologia alla Scuola normale superiore
In foto, il neo eletto governatore della Pennsylvania John Fetterman