La bozza del ministro Calderoli sull’autonomia differenziata, che fa seguito a due atti abnormi sul piano giuridico prima ancora che politico quali il decreto interministeriale sui migranti e il decreto legge cd. rave party, è un obbrobrio giuridico ed un provvedimento che mina alle fondamenta l’assetto costituzionale della nostra democrazia. Che vuol dire autonomia differenziata? Significa dare poteri assoluti e risorse ingenti alle Regioni in materie che minano l’unità nazionale. Pensiamo in primo luogo alla scuola pubblica. Non sarà più un’istruzione pubblica uniforme nel Paese ma verrà regionalizzata, con disparità di risorse umane ed economiche, programmi diversi, pari opportunità non attuate. Altro che merito. È il merito di essere privilegiati di Stato.
Dopo il disastro di una sanità sempre più regionalizzata, abbiamo visto in pandemia i fallimenti ad esempio dei modelli Fontana in Lombardia e De Luca in Campania, aggiungeremo il disastro di un’istruzione regionalizzata. Sanità e scuola devono essere pubbliche e nazionali. Dare ancora più autonomia alle Regioni non significa essere autonomisti, ma vuol dire dare potere e forza ai centri di potere burocratici e politici, nelle Regioni infatti c’è centralismo, verticismo, lentezza, sperpero di denaro pubblico ed anche le più pesanti inchieste giudiziarie hanno riguardato in genere proprio il ceto politico e burocratico delle Regioni non di rado attraversate da gravi fatti corruttivi ed infiltrazioni delle mafie.
Se la Lega avesse davvero a cuore l’autonomia dei territori presenterebbe un disegno di legge per dare più poteri ai sindaci e alle comunità, dove c’è più democrazia, c’è il rapporto diretto tra rappresentanti e rappresentati, dove si può incidere immediatamente sui servizi e la qualità della vita. Invece tutti i governi hanno sempre tagliato ai comuni perché temono le autonomie locali, i processi di autodeterminazione dal basso, la democrazia partecipativa, la vera forza dell’autonomia contro la politica dei nominati. Il via libera all’autonomia differenziata l’ha data però il centro-sinistra con la modifica del titolo V della Costituzione e non è un caso che il PD sinora è stato favorevole a questa riforma, basti pensare alla posizione del presidente della regione Emilia-Romagna Bonaccini, anche neo candidato alla segreteria del PD. Lo stesso De Luca, presidente della regione Campania, era favorevole fino a poco tempo fa all’autonomia differenziata ed ora che governa la destra si dice contrario. Già oggi per colpa dei governi che sono andati da Monti a Letta, da Renzi a Conte, da Draghi a Meloni, vige il principio della cd. spesa storica e non vi sono i livelli essenziali ed uniformi delle prestazioni. Per comprenderci vuol dire che chi più ha più riceve, dagli asili nido agli ospedali, e non vengono garantiti i livelli essenziali delle prestazioni di servizi pubblici fondamentali per la vita delle persone. Un Paese ancora di più tagliato in due. Il sud ovviamente è il territorio più colpito da questa strisciante ed indegna secessione dei ricchi. La destra attenta all’unità nazionale, all’Italia una e indivisibile che deve valorizzare le differenze ma non consolidare le discriminazioni territoriali. La destra colpisce anche i principi di solidarietà ed uguaglianza che rappresentano i pilastri fondamentali della nostra Repubblica. La bozza Calderoli elimina qualsiasi metodo democratico e partecipativo, esautora lo stesso Parlamento della sua centralità. È il sistema dei partiti in combutta con i poteri forti che costruisce un modello per i più ricchi, per il centralismo burocratico-politico regionale e per avere ancora di più mani libere sullo smantellamento dello stato sociale: sanità ed istruzione pubblica, welfare, sicurezza, infrastrutture, servizi, fisco, redditi. Smembrano l’Italia per poi far finta di unirla con l’operazione verticistico autoritaria della repubblica presidenziale.
La destra ormai non ha nulla nemmeno più di destra sociale e statuale, è una destra liberista, bellicista, atlantista, per nulla sovranista, sostenitrice dei poteri forti, contro il popolo e i più fragili. A braccetto con poteri forti e colletti bianchi. A loro serve rafforzare i centri di potere che perseguono interessi di parte e neutralizzare le spinte davvero autonome e partecipative che vengono dal basso e poi debbono criminalizzare il dissenso. Serve quindi un’onda democratica che argini questa deriva eversiva dell’ordine costituzionale. C’è un evidente abuso del potere istituzionale e un tentativo sempre più pervasivo di piegare il diritto ad un disegno politico autoritario, incostituzionale ed antidemocratico. Opporsi all’autonomia differenziata regionale significa difendere la Costituzione antifascista e lottare per un Paese che riduca disuguaglianze e discriminazioni territoriali, ed attui la giustizia sociale.
* L’autore: giurista e saggista dopo molti anni di lavoro da magistrato e da sindaco di Napoli, Luigi de Magistris oggi guida l’Unione popolare