Nella città di Venezia ci sono sei quartieri detti appunto “sestieri”: Cannaregio, Castello, Dorsoduro, Santa Croce, San Marco, San Polo. Poi vi è l’isola della Giudecca, che fa parte sin dalle origini della città ma non è collegata con nessun ponte ai Sestieri. Ci si arriva solo in barca. Amministrativamente fa parte del sestiere di Dorsoduro che si trova di fronte alla Giudecca, entrambi affacciano sul canale molto largo della Giudecca. Un ponte di barche che unisce le due “fondamenta” (rive) del canale viene costruito solo per i giorni della festa del Redentore nella terza domenica di luglio. Anche sulla gondola vi è un segno molto chiaro della “diversità” della Giudecca rispetto agli altri quartieri veneziani. Nella parte anteriore dell’imbarcazione vi è infatti un elemento metallico, il ferro da prua o pettine, chiamato in veneziano fero da próva o dolfin, in cui sono assemblati molti simboli dei sestieri della città lagunare. E la Giudecca si distingue: è l’unica con il pezzo metallico rivolto verso la gondola, mentre tutti gli altri sono verso l’esterno.
L’isola è stata originariamente luogo di coltivazione e di orti, poco frequentata dai turisti, considerata lontana dai veneziani dei sestieri. Le cose stanno cambiando, sono alcuni anni che arrivano nuovi abitanti alla Giudecca, anche stranieri e artisti. Vengono aperti ristoranti, gallerie, luoghi di cultura. Uno dei più belli si affaccia sul canale della Giudecca, vicino alla famosa chiesa del Redentore realizzata da Andrea Palladio: è la sede veneziana di Emergency, modernissima, su diversi piani, con tutte le attrezzature necessarie ad una vasta attività culturale tra le quali l’organizzare mostre. Ed una mostra, lo scorso 15 novembre, è giunta alla Giudecca dopo essere stata in altre città italiane. Una mostra di fotografie intitolata All’ombra del baobab e dedicata alle attività che Emergency svolge nel mondo, in particolare agli ospedali e centri di cura in Africa.
Come si legge nella presentazione alla mostra, si va «dall’Atlantico, passando per il Lago Vittoria, fino al Mar Rosso: una traversata dell’Africa in orizzontale, lungo la catena degli ospedali di Emergency, dove lavorano medici, chirurghi, tecnici, infermieri, anestesisti, radiologi, amministratori, giardinieri».
Le immagini sono state realizzate dalla fotogiornalista e reporter Monika Bulaj in Sierra Leone, Uganda e Sudan, e raccontano le storie di sfide quotidiane e talvolta di sconfitte, di disgrazie endemiche e urgenze prevedibili.
Dice Monika Bulaj: «In questo reportage racconto storie come quella di Aisha, dall’esofago bruciato dalla soda caustica, che insegna a nutrirsi ai bambini vittime come lei; di un progetto per le madri delle bidonville (…) Sfide come quella del viaggio trans africano di Aminata per sostituire le valvole del cuore minato da un’infezione da streptococco non curata. E, ancora, la rinascita di Ibrahim in Sud Darfur, dopo l’ennesima trasfusione dovuta all’anemia falciforme, la spietata risposta genetica a una continua esposizione alla malaria».
Sono immagini che mostrano, attraverso i progetti dell’Anme (African network of medical excellence), la rete sanitaria di Emergency nata con l’obiettivo di costruire centri medici d’eccellenza gratuiti in tutta l’Africa. Della rete fanno parte il Centro Salam di cardiochirurgia a Khartoum, in Sudan, e il Centro di chirurgia pediatrica di Entebbe, progettato da Renzo Piano in Uganda, seguendo le indicazioni di Gino Strada, che gli aveva commissionato un ospedale “scandalosamente bello”. Ospedali dove vengono forniti gratuitamente servizi medici per i pazienti che soffrono di specifiche patologie che difficilmente verrebbero curate altrove.
Monika Bulaj è una pluripremiata fotogiornalista e reporter, ha realizzato un centinaio di mostre personali in tutto il mondo ed è alla sua seconda collaborazione con Emergency, dopo la rassegna fotografica Nur. Afghan diaries esposta a Brescia nel 2021. È, inoltre, autrice di numerosi libri reportage e ha pubblicato su National geographic, New York times, Time, Al jazeera e The guardian.
La mostra sarà visitabile fino al 27 gennaio 2023 dal lunedì al venerdì dalle ore 11 alle 17. Certo, per visitarla la mostra bisognerà attraversare (su un comodo vaporetto) il canale della Giudecca ed esplorare quella terra per molti incognita. Ne varrà la pena.
* In foto: una delle immagini esposte alla mostra “All’ombra del baobab” organizzata da Emergency