Neanche la riunione della Nato a Vilnius ha cambiato granché il corso degli eventi. Di fronte ad una guerra che rischia di non finire mai sarebbe bello se dall’Italia, per le prossime elezioni europee, arrivasse una forte spinta per la pace. Ancora i recenti sondaggi dicono di una maggioranza di italiani che non vuole continuare sulla strada dell’escalation. D’altronde in Italia ci sono state le manifestazioni più grandi per la pace. E c’è una storia pluridecennale di movimenti pacifisti. In un Paese ormai in profonde sofferenze sociali e politiche questa eredità è preziosa. A pensarci colpisce, o dovrebbe farlo, quanto di ciò che il movimento dei movimenti diceva si sia, purtroppo, realizzato. La guerra mondiale permanente, preventiva, economica, sociale e militare va in scena ormai da un trentennio. Con varianti sempre diverse. E una costante, quella che Luciano Gallino (del quale Einaudi ora ripubblica Una società in crisi) chiamava la lotta di classe rovesciata.
Che significa? Che ciò che non cambia è il continuo spostamento di ricchezze e potere dai dominati ai dominanti. Qualsiasi sia lo stato dei conflitti o la crisi che si attraversa se ne esce con i ricchi, ovunque collocati, più ricchi e potenti. Dai fatturati di tutte le multinazionali, da quelle delle armi a quelle farmaceutiche ed energetiche, tutti in ascesa, alle vicende italiane del salario minimo negato mentre l’eredità di Berlusconi praticamente non paga tasse, tutto ci dice che Gallino aveva ragione.
Cominciò con la “spirale guerra terrorismo”, protagonisti l’Occidente, e non solo, contro i “fondamentalismi”. Se guardiamo a quanto succede oggi con le aristocrazie arabe a comprarsi il calcio vediamo come questo versante del conflitto abbia sì cambiato forme ma permanga.
Abbiamo vissuto le “guerre umanitarie” e con la dissoluzione della Jugoslavia l’Unione europea ha abbandonato la prospettiva dell’Europa casa comune dall’Atlantico agli Urali che era cara a Gorbaciov per “mettersi in proprio” nelle dinamiche di guerra e imperiali che arrivano fino a quelle attuali. Tre gravissime crisi, finanziaria, pandemica, climatica, hanno messo in grandi ambasce la globalizzazione che rimane quella dei profitti (tutti i ricchi li fanno, escono dalle crisi più ricchi di prima) ma non più quella dello sviluppo che mette d’accordo tutti. USA e Paesi UE vivono indebitati e al di sopra dei loro mezzi. I loro dominanti non intendono rivedere la loro parte di “bottino”. Gli altri dominanti vogliono accrescere la propria parte e sanno anche di essere nel mirino. Il conflitto in corso appare ricercato da molti per ridisegnare le spartizioni. La guerra in Ucraina, sul terreno resta circoscritta ma purtroppo non nei morti. Devono evitare l’escalation nucleare ma per il resto ognuno fa i suoi giochi. Le multinazionali delle armi. Putin. La Nato la Ue, la Turchia del “dittatore utile”.
Niente di decisivo sul terreno militare e ognuno lavora per sé geopoliticamente, dalla Nato alla Russia, alle altre potenze, grandissime o medie. Tutti i documenti strategici ufficiali di tutti i grandi parlano, quasi in fotocopia, di come avere la supremazia. Sembra che, nei fatti, quasi nessuno in realtà voglia che la guerra, per ora, finisca, o operi sul serio per questo.
Intanto per i dominati tutto è sempre più duro. Sotto le bombe. Nelle banlieue francesi. Nel lavoro schiavistico degli Emirati.
Siccome a tutti i ricchi serve la guerra sarebbe bene che tutti quelli che ne soffrono si unissero per combatterla. È persino strano che chi, come il movimento dei movimenti, aveva previsto molto ora fatichi a proporsi. Addirittura si divida a volte tra improbabili “antimperialisti con la Nato” e “campisti con Putin”.
In Italia si può riprendere ciò che il movimento pacifista aveva seminato. Sarebbe bello, importante, che le forze contro la guerra e tutti i suoi signori, si trovassero insieme per le elezioni europee del prossimo giugno in una grande “lista per la pace”.